Aspromonte oltre l’immaginario: Roghudi, il borgo fantasma strappato della sua gente

Reportage del Gea (Gruppo Escursionisti Aspromonte) su una delle perle del Parco arroccato a picco sull’Amendolea: paese disabitato dalle alluvioni degli anni ’70 ma che resiste al suo passato e guarda al futuro grazie ai suoi giovani. Entusiasmante viaggio tra le case dove vi sono ancora le scarpe accanto al letto, le stoviglie in cucina e le vestaglie appese al chiodo: la sua gente, montanara, vive ora più a valle, a livello del mare, nel paese nuovo 

 

 

Dici Aspromonte e qualcuno, dopo aver ricordato di cosa si tratti, pensa subito a lande desolate e aride, a terra arsa, a cespugli assetati che sopravvivono a stento su versanti asciutti e franosi. Oltre l’immagine, poi, partono una serie di suggestioni basate sui più sicuri stereotipi, inossidabili, che da sempre pretendono di raccontare una montagna semplificandola fino alla più piccola unità elementare.

Mi capita spesso di fare da guida a giornalisti e fotografi, italiani e anche stranieri. Li “scorto” mentre cercano, con la sicurezza di chi sa di trovare, le uniche cose per le quali (secondo loro) questa terra è degna di nota. Infine, per completare l’opera, vogliono notizie su qualche pastore con un vecchio fucile in spalla e con la faccia bruciata da un sole ingrato. Poi però, dopo qualche ora a contatto con l’aria, con i suoni, con i colori ed i paesaggi di queste montagne, il loro atteggiamento cambia. Quasi sempre devono fare i conti con uno scenario naturale ed umano inaspettato, devono riconsiderare una serie di assunti e ripartire da qui, dai posti che pochi conoscono davvero ma di cui tutti vogliono parlare ostinandosi ad offrire la stessa, immutabile chiave di lettura di sempre.

 

Esiste ancora un preciso immaginario su questa terra. Un immaginario a tinte forti, a metà tra il folklore e la mitologia, che purtroppo non descrive fedelmente una realtà, anzi, ne fornisce un ritratto distorto e per di più sommario.

Per fortuna però, da queste parti, sono sempre di più le persone coraggiose. E non mi riferisco necessariamente a chi descrive e denuncia storie di antistato e di illegalità. Quelli son bravi, buoni, se gli va bene anche un po’ eroi e tutto sommato, finché esisterà il brutto, avranno sempre qualcosa da raccontare. Parlo invece di chi ha fatto una scelta differente: stare sul mercato senza aiuti, sostegni, alibi e scorciatoie. Gente che vuole promuovere il patrimonio naturale e culturale con gli strumenti convenzionali usati ovunque: idee, conoscenza, consapevolezza e passione. Forse non tutti sanno che possediamo risorse, storie, tradizioni e bellezze di primissimo ordine, per lo più ancora sconosciute, vergini.

Prendiamo ad esempio Roghudi, nel Parco Nazionale d’Aspromonte. Un paese arroccato su una rupe a picco sull’Amendolea, grande fiumara un tempo persino navigabile. Arrivi al paese e ti emozioni, sia per il paesaggio che vedi intorno, in ogni direzione, sia per il silenzio sporco che caratterizza tutta l’area circostante. Roghudi si sviluppa dall’alto verso il basso, attorno ad una via principale che zig-zagando ed assecondando la forma della roccia giunge fino alla riva della fiumara. Non ci entra neppure un’automobile. Case basse, quasi tutte con un alloggio in cui far stare gli animali, aggrappate l’una all’altra e tanto vicine da rendere incerto il confine tra spazio privato e spazio pubblico. Segui una qualsiasi viuzza laterale e dopo pochi metri, improvvisamente, stai in bilico sul vuoto. Da una parte c’è l’Amendolea, dall’altra c’è il Furria, suo affluente. È proprio dentro l’angolo formato dai due corsi d’acqua che si erge questo insediamento collocato nel cuore dell’Aspromonte grecanico, area geografica che comprende borghi incantati in cui è forte l’impronta del passato greco. Molti anziani parlano ancora l’antica lingua e si commuovono ogni volta che lo fanno in pubblico, durante qualche festa o qualche evento.

 

Roghudi è completamente disabitato, dichiarato inagibile dopo le tremende alluvioni del 1971 e del 1973. Ciò nonostante quasi tutte le sue case resistono fiere al passare del tempo ed alla desolazione. Dentro le abitazioni tutto è rimasto fermo, immobile, come l’ultima volta in cui qualcuno ci ha vissuto. Persino le scarpe accanto al letto, la vestaglia appesa al chiodo, le stoviglie in cucina. E poi documenti nei cassetti, oggetti, barattoli, bottiglie…probabilmente nessuno ha mai traslocato definitivamente. Tutti pensavano che tanto, prima o dopo, sarebbero tornati a vivere lì.  A dire il vero, fino a qualche tempo fa, a presidiare il paese resisteva un pastore con il suo gregge. I frequentatori della montagna lo conoscevano, era un personaggio importante, a suo modo.

Nonostante i suoi quasi 600 metri di altezza, Roghudi sorge ai piedi di monti molto più alti e basta risalire un po’ di quota per assistere al cambiamento drastico del paesaggio naturale e della vegetazione. La forma dell’Aspromonte è determinata dalle fiumare che lo hanno scavato nel tempo. Ad una valle ne segue un’altra. Generalmente il nome delle fiumare, risalendole in senso contrario alla corrente, cambia quando il loro carattere si fa torrentizio. Così l’Amendolea, più all’interno, diventa torrente Menta e genera suggestive cascate, gole e forre. La macchia mediterranea, allo stesso modo, si fa lecceta, poi querceto fino a che il faggio, il pino calabro e l’abete bianco diventano gli alberi che dominano le quote più alte, dove di mediterraneo c’è davvero poco. Ambienti floridi e rigogliosi, un’esplosione di verde tra estese foreste e lucenti pascoli.

 

Roghudi è un caso emblematico, forse anche paradossale, di sradicamento. Ma il suo destino è simile a quello di vari altri paesi d’Aspromonte devastati da forti alluvioni e ricostruiti altrove, come se l’identità di un popolo potesse essere riedificata con il cemento. Il paese “nuovo”, tirato su per ospitare gli sfollati e con la pretesa, ambiziosa, di ricreare le condizioni di vita pre-alluvione, sorge molto più in basso, al margine della Statale 106 Ionica, in pratica al livello del mare. Considerando che gli abitanti di Roghudi si sono sempre sentiti “montanari”, è immaginabile il senso di smarrimento che hanno potuto provare a seguito del trasferimento imposto. Molti anziani, infatti, non hanno retto il colpo e sono morti sopraffatti dalla tristezza.

Per arrivare a Roghudi, ancora oggi, bisogna percorrere delle strade lunghe e sconnesse. Il centro abitato più vicino, Roccaforte del Greco, appare vicino ad un primo sguardo ma l’esperienza in auto per raggiungerlo, dall’altra parte della vallata, può essere memorabile dato che dai costoni continuano a rotolare le pietre in quel tratto di strada che in effetti non ha più la funzione di un tempo.

Se volete conoscere l’Aspromonte partite da Roghudi, un paese fantasma ma che pulsa ancora vivo. Ci sono numerosi sentieri escursionistici che lo attraversano e lo collegano. Alcuni scendono dalle montagne come ad esempio il Bova-Delianuova* che nel solcare da parte a parte l’Aspromonte, dalle vette più alte passa per Monte Cavallo e poi, superato Roghudi, si dirige verso Bova. Altri seguono l’alveo della fiumara, si inoltrano tra contrade rurali e alture impervie, lambiscono vecchi terrazzamenti e conducono ad altri stupendi centri di cultura grecanica.

 

Sentiero “Bova – Delianuova” – Sulle orme degli antichi greci

 

I figli dei roghudesi, che conservano forte il legame con le loro origini, si sono sempre impegnati a mantenere viva l’attenzione su quei luoghi. A Ghorio di Roghudi, un centro a tre chilometri di distanza, è possibile pernottare e mangiare gustose tipicità all’“Ostello di Ghorio di Roghudi”. È gestito da giovani appassionati che ogni anno organizzano campi di lavoro con ragazzi provenienti da tutta Europa.

Durante i mesi estivi l’intera area grecanica (Bova, Gallicianò, Condofuri, Palizzi…) si anima grazie ai festival ed alle iniziative culturali, di richiamo internazionale, che contribuiscono al mantenimento di un’identità unica che ha bisogno di essere tutelata e promossa. Negli ultimi anni i flussi turistici si sono fatti importanti. Naturalmente parliamo di turismo ecologico, sostenibile e consapevole che non stravolge né snatura la vocazione dei luoghi a che permette a tanta gente di conoscere la vera anima dell’Aspromonte che è sicuramente tarantella, carne di capra, sole ma anche molto, molto, molto di più.

 

Alcuni link per saperne di più:

Parco Nazionale d’Aspromonte

Sentiero Bova-Delianuova 

G.E.A. – Gruppo Escursionisti d’Aspromonte

CAI sez. Aspromonte

Ostello Ghorio di Roghudi su Facebook

Paleariza 

 

Nicola Casile
G.E.A. – Gruppo Escursionisti d’Aspromonte

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