Fabio Palma: Uomini veri sul Nanga Parbat

L’editoriale di Fabio Palma pubblicato sul sito de I Ragni di Lecco 

nanga

Ho seguito, e abbiamo seguito, quello che è accaduto e sta accadendo al Nanga Parbat in questi giorni. Per quanto le salite sugli 8000 siano lontane da quello che ci piace salire, ammiriamo coloro che si impegnano anche al di là di ogni ragionevole ardimento per compierle con stile e ferocia motivazione. E credo che per quanto riguarda queste qualitò, Tomek Mackiewicz e Elisabeth Revol non posssano che prendere dieci in pagella da qualunque Maestro o giudice di alpinismo al mondo. Oltretutto giusto due giorni fa mio figlio (stavamo parlando di altri) mi ha detto una sua frase che cercavo da anni ma che nella sua semplicità non ero mai riuscito a coniare “io mi sono detto, non criticare mai ciò di cui non sei al 100% sicuro di far meglio”, e direi che anche per tutta questa vicenda dal sapore mitologico è una didascalia azzeccatissima.

E ugualmente voto dieci su dieci e con Lode unica e perenne i Signori Denis Urubko, Adam Bielecki, Piotr Tomala e Jaroslaw Botor, i quali non solo su un certo tipo di alpinismo sono il meglio al mondo ma anche, con la loro decisione di offrirsi volontariamente ad andare a soccorrere Tomek ed Elisabeth, hanno mostrato quello che significa essere UOMINI veri e non, come disse il grande Totò, semplici caporali, magari incensati dalla gente. Di loro conosco solo Denis, uno che se lo metti a leggere il giornale su un terrazzo d’inverno a Livigno non ti chiede neppure la frontale. Uno per cui lo stile è tutto (stile alpino sempre e comunque, altrimenti niente. Come i due che ha deciso, a rischio della propria vita, di andare a salvare), ma queste sono cose nostre e di quei pochi a cui gliene frega qualcosa. Invece dovrebbe fregarne a tutti l’umanità che ha mostrato lui e gli altri tre polacchi al mondo intero. Storie così ce ne sono a migliaia dove c’è guerra e disperazione, non hanno spesso report e soltanto se qualche bravo regista o reporter riesce a farsi dare un microbudget ne veniamo a conoscenza (mentre certe trasmissioni televisive sforano ogni decenza logica con pianti e piagnistei su storie che manco hanno l’umanità dentro, figuriamoci la tristezza. ma sto divagando, sorry).

In questi giorni stiamo festeggiando nostre salite e nostre gratificazioni, come ci sta accadendo molto spesso in questi anni, ma mi è parso giusto scrivere queste righe per dirvi che non siamo sensibili soltanto a quello che facciamo noi, anzi. Tutto ciò che è alpinismo umano e grandioso ci appassiona e ci fa meditare, eravamo tutti in prima fila ad applaudire Alex Honnold e abbiamo pianto per Ueli e Dean, che conoscevamo molto bene e che erano, SONO, nostri MITI. (sì, li abbiamo. Alla grande).

Magari cerchiamo di dire sottovoce quello che pensiamo anche perchè quando c’è di mezzo la vita le parole diventano asce o massi e possono anche offendere o far star male delle persone che non lo meritano per niente.

Che tutto sia misurato, pacato e sereno, in questa disciplina unica che è l’alpinismo. E infine dico, non criticherò mai chi ha subito un’ossessione nella vita perchè, sinceramente, non sono uno che possa dire qualcosa di negativo su questa cosa. La maggior parte dei miei ragazzi, a volerla dire tutta, per molta gente potrebbero essere degli ossessionati. Va così.

“I suoi capelli chiari sembravano bianchi. Sembrava avesse quattordici anni e che andasse per un’età che non era mai esistita. Sembrava che fosse sempre stato seduto in quel posto e che Dio gli avesse creato intorno gli alberi e le rocce. Assomigliava alla propria reincarnazione e poi alla reincarnazione della propria reincarnazione. Soprattutto sembrava preso da un’enorme tristezza. Come se si portasse dentro la notizia di una perdita orrenda di cui nessun altro aveva ancora sentito parlare. Un’enorme tragedia non relativa a un fatto, incidente o evento, ma alla natura stessa del mondo. ”

Da Oltre il Confine, Cormac Mac Carthy

Fabio Palma

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