In Movimento, la nostra scalata dentro e fuori il mercato

Stamani abbiamo letto questo editoriale di presentazione del nuovo numero di In Movimento de Il Manifesto (da oggi 1 dicembre nelle edicole) a firma di Matteo Bartocci ed Eleonora Martini. Mount Live ha seguito i numeri dell’inserto e in più di una occasione li ha pubblicizzati. Lo abbiamo fatto perché questo inserto ci piace. Beh, oggi vi proponiamo questo editoriale, proponendovelo integralmente, in quanto, semplicemente, lo condividiamo appieno in merito a quanto si asserisce sull’industria dell’outdoor ed il suo management e mercato editoriale.

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In molti ci hanno domandato in questi mesi, spesso con simpatia, a volte con genuina curiosità, ma cosa vi proponete di fare con questa rivista in movimento? Come pensate di riuscirci? E poi a cosa potrà mai servire?

ALCUNI CI DICONO: è troppo generica, concentratevi su uno sport solo, sennò non troverete mai un pubblico definito. Altri pensano che scriviamo articoli troppo lunghi. Che ci sono poche rubriche e articoli «di servizio». Che siamo troppo culturali e poco commerciali. Che manca un’identità editoriale precisa. E poi, apriti cielo, non vi occupate di prodotto, non parlate di giacche e scarponi, per forza avete poca pubblicità. E ancora: la carta da quotidiano non funziona, fate una rivista patinata. Ma quando esce? Altri sentenziano: ci sono migliaia di siti internet e pagine facebook, una rivista di carta è roba vecchia. Non durate mica. Però sarebbe bello durasse… Mancava proprio una rivista così.

IL PROBLEMA DI QUESTI interrogativi è che sono tutti fondati. La risposta è nelle pagine che abbiamo scritto quest’anno e in quelle che, se riusciremo, potremo ancora scrivere.

Esistono molte riviste di montagna (non più molte, a dire il vero). Ma nessuna oggi è come questa. Siamo qui, a tracciare una riga dopo un anno di lavoro.

E IL CONTO ALLA FINE È semplice: 11.000 copie vendute al mese, tutte in edicola, senza abbonamenti. Tutte di carta, senza digitale. Tutte pagate da persone in carne e ossa, con pochissima pubblicità e senza un euro promozione. Dal nulla.

Le intenzioni che ci hanno mosso le abbiamo dichiarate fin dal numero zero, quasi clandestino, ospitato da Alias sul manifesto un anno fa.

L’INDUSTRIA DELL’OUTDOOR, intesa come management e come mercato editoriale, non ha un’anima né una narrazione. Le aziende sembrano in balia di marketing obsoleti: a caccia di futuro scommettono su singoli atleti e su un post via facebook, non riescono a raccontare una storia che duri più di sessanta secondi. Domina l’immagine, una splendida fotografia che senza un’eccedenza di cultura e storia può diventare coreografia del nulla. Cronaca dell’inesistente.

L’industria celebra l’ambiente con immagini splendide ma spesso non lo rispetta. Propaganda la libertà ma promuove il conformismo. Onora il talento ma dimentica che il talento nasce in un contesto collettivo che ha un prima e un dopo. Dimentica le storie barattandole per notizie. E plasma le notizie in comunicati stampa. Confonde la passione con l’adrenalina. La perseveranza con l’exploit. La bravura con il coraggio. L’esotismo con l’originalità. La giovinezza con la forza. Il successo con l’eleganza. L’autenticità con l’immediatezza.

EPPURE QUELLO della montagna, dell’alpinismo e dell’outdoor in generale è un mondo di passioni forti. Ci sono racconti, personaggi e luoghi sepolti che entrano in risonanza con il mondo verticale di oggi, così cangiante, caotico, senza un centro preciso. Ci sono vecchi metodi giornalistici che sembrano rivoluzionari per un’editoria di settore costretta all’anno zero. L’intervista, il reportage, la recensione, l’editoriale.

PRENDERE POSIZIONE in questo ambiente è più scomodo che bivaccare a tremila metri. Decine di migliaia di appassionati sono considerati una nicchia che deve leggere (e amare) sempre le solite cose. Anno dopo anno, salvo eccezioni, certo, si potrebbero ristampare gli stessi articoli sugli stessi posti e pochi se ne accorgerebbero. Meglio la solita minestra ben cucinata che azzardare ingredienti sconosciuti al pubblico. Perché cambiare menù se quello vecchio sembra funzionare?

UN ANNO IN EDICOLA CON VOI è un’occasione di festa ma anche una sfida. Il tempo per mettere a fuoco quello che abbiamo fatto male e quello invece che pensiamo ci sia riuscito.

Per ogni editore, giornalista o narratore, incontrare il pubblico è una festa. Per dialogare con quello che sapete e restituirvene di più. Per portarvi là dove non avreste mai pensato di andare.

Un giornale tra mani giovani e vecchie. Di chi scala e chi no. Di chi va in bici, corre, cammina, passeggia nei boschi. Chi scia con le pelli e chi con lo skipass. Chi ciaspola e chi preferisce gustare il silenzio della natura. Chi è in forma e chi vorrebbe esserlo. Chi ha già fatto di tutto e chi deve ancora incominciare. Chi pensa di non riuscirci mai, soprattutto. Perché la paura di non farcela è il cuore di tenebra di ogni attività nella natura.

NON È PER CASO che in movimento nasca dentro al manifesto, una testata e un collettivo capace di cambiare e adattarsi rimanendo se stesso. Vivo e vitale per aver scommesso sempre, giorno dopo giorno, sui lettori. Un pubblico minoritario, forse, ma attivo. Curioso. Anticonformista. Irrequieto. Critico. In movimento, appunto. Nel nome di questa rivista c’è il punto di arrivo e il punto di partenza del nostro progetto. Connettere mondi diversi come accade nei viaggi ben riusciti. Condividere storie che contano.

NON TUTTO È ANDATO bene quest’anno, bisogna dire la verità ai lettori. Voi non siete certo stati alla finestra, ci avete incoraggiato fin dall’inizio.

I dati però parlano chiaro: non abbiamo raccolto pubblicità pari alle vendite e al valore editoriale della rivista, basta scorrere le pagine per accorgersene.

È il mercato, il problema su cui riflettere. È questa, oggi, la montagna che dobbiamo scalare se vogliamo mettere in campo le migliori iniziative per l’anno prossimo.

DUNQUE, BUON ANNO. Siamo felici di averlo passato con voi. E soprattutto buona lettura.

Matteo Bartocci – Eleonora Martini

Il Manifesto

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