La nostra avventura sul Lenin Peak

Riceviamo e Pubblichiamo

Lenin Peak

 

Lenin Peak Expedition 2015
Agosto 2015. Con Gianni (D’Errico) partiamo per il Kirghizistan armati di entusiasmo ed equipaggiati con 30 kg (!) a testa di materiale. Lo scopo era la salita del Lenin Peak (7134 m s.l.m.) in stile alpino. Fondamentale la scelta dello stile by fair means: niente guide, niente portatori, niente campi premontati, nessuna delle numerose facilities offerte dalle agenzie locali, gli unici servizi richiesti alla nostra agenzia consistevano in un supporto burocratico, nel trasporto dalla città di Osh al CB (e viceversa) e la possibilità di piantare la nostra tenda presso il loro C1. Noi, il nostro pesantissimo zaino e la voglia di vivere integralmente la nostra avventura. Tutto comincia il 4 agosto quando raggiungiamo il CB a 3600 m.

Da lì un lungo trekking attraverso un paesaggio fantastico ci porta al C1 (il nostro vero CB) a 4400 m s.l.m. Ci fermiamo qualche giorno per acclimatarci. Qui ci rendiamo conto di essere gli unici italiani su questa montagna. Da quanto ci verrà detto (ma potrei sbagliarmi) quest’anno sembra che siamo stati l’unica spedizione italiana a tentare la vetta. La maggior parte degli alpinisti presenti sono russi. Alcuni (moltissimi) sono neofiti. Incontriamo un ragazzo moscovita, ad esempio, che non ha mai calzato i ramponi in vita sua. Ne ha un paio nuovi nuovi con il cartellino del prezzo ancora attaccato. Mi confida che si affida completamente alla sua guida per affrontare con sicurezza i pericoli che dovrà affrontare nei giorni successivi. Ha un’attrezzatura nuova nuova che, se ripenso ai miei vecchi “ferri”, mi fa un po’ invidia. Spostiamo il campo all’attacco della via di salita, al piede del Lenina Glacier, su una morena nera e cupa dove risuona continuamente il rombo delle frane e dalle slavine che si staccano dai versanti circostanti. Restiamo lì un paio di giorni in attesa del meteo favorevole. Nel frattempo facciamo amicizia con una serie di personaggi al limite …. il “gabibbo”….un ragazzo russo che scala il Lenina privo di tenda (dorme in un sacco da imballaggio) e si nutre di caramelle, conosciamo….Genny….una ragazza cinese laureanda in farmacia che vive qui da sola per tutta la stagione gestendo una sorta di tenda-ristorante nella quale la dissenteria è cosa certa. Incontriamo questi e numerosi altri personaggi…al limite, verso i quali riusciamo incredibilmente a provare una grande empatia. Qui apprendiamo da altri alpinisti che in quei giorni si è consumata sulla via di salita l’ennesima tragedia: un incidente mortale che ha coinvolto una guida locale con i suoi clienti. Ho subito ripensato alle parole del ragazzo moscovita e dei suoi ramponi nuovi.
L’11 agosto iniziamo a scalare la via. Un primo tratto a debole pendenza ma molto crepacciato, un secondo tratto molto ripido che si snoda lungo una seraccata, un terzo tratto meno ripido ma con numerosi ed enormi crepacci da attraversare su ponti e infine un traverso che ci porta a 5400 m s.l.m. dove facciamo campo sul ghiacciaio sotto uno sperone roccioso. La salita, affrontata con 25 kg sulle spalle, è stata davvero dura. E’ il tratto chiave di tutta la spedizione a causa del pericolo di slavina e dei crepacci infidi (oltre che naturalmente della fatica esasperata dalla quota). E’ proprio in questo tratto che tra il 7 agosto e l’11 agosto sono morti diversi alpinisti. L’idea era quella di proseguire, dopo due giorni di acclimatamento, direttamente verso la cresta e da li verso la vetta. Durante l’acclimatamento ci siamo comunque spinti in cresta, fino a circa 6000 m di quota. Tuttavia dopo due giorni il nostro acclimatamento non ancora era adeguato a continuare e prolungare la permanenza al campo significava solo debilitarsi ulteriormente e consumare troppo gas e viveri. Debilitati dal mal di montagna, decidiamo quindi di modificare il piano di salita e scendere di circa 1000 m fino al C1 (il nostro CB avanzato) dove potevamo riprenderci, riacquistare le energie e poi fare un secondo tentativo.
Scendendo le forze ritornano rapidamente ma purtroppo, tornati al campo, ci accorgiamo che…. era stato smontato. Nonostante avessimo comunicato che il nostro ritorno a valle era previsto per il 26 agosto, tra il 18 ed il 19, sia il campo a 4400 m che il CB a 3600 m sono stati completamente smantellati a nostra totale insaputa. Il 18 ci è stato detto, al campo avanzato (4400 m): “stagione finita, voi siete gli ultimi, tutti a casa”.

La notte del 18 mentre noi eravamo preoccupati per l’esito della spedizione, fuori festeggiavano a base di vodka e fuochi d’artificio la fine della stagione alpinistica. La mattina del 19 ci svegliano presto dicendo: “oggi smontiamo tutto e andiamo a casa…. voi che fate venite con noi o restate qui?”…..porcocane restare qui ma come torniamo in città? Restare tra le montagne del Pamir con la possibilità di dover poi, dopo la scalata, percorrere centinaia di km con mezzi di fortuna o a piedi per rientrare in città era un’ipotesi da scartare. Insomma niente secondo tentativo alla vetta. Ora la nostra preoccupazione era solo quella di non perdere “l’ultimo treno” per Osh.
Il 19 agosto ripercorriamo i nostri passi a ritroso, con ben altro spirito, e la sera stessa siamo ad Osh, dove rimaniamo per alcuni giorni.
Ricorderò sempre la nostra avventura e lo spirito che ha mosso le nostre gambe e piegato le nostre schiene. Un racconto più dettagliato è riportato sul sito http://bluevibrations.weebly.com/il-racconto.html.

 

Le Avventure dei Lettori >>> Paolo Miele

 

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