La tigre siberiana torna in Cina, il WWF filma una famiglia

L’area è tenuta segreta per la sicurezza di questa sottospecie in pericolo di estinzione. Il piano di salvaguardia del Governo cinese e le caratteristiche del felino

 

Finalmente è stata ripresa con una camera-trap del WWF. La presenza della tigre siberiana nelle zone di confine tra Cina e Russia era data solo dalle sporadiche impronte sulla neve ma ora vi è certezza che i grossi felini stanno tornando anche in Cina, da cui erano praticamente scomparse. Il filmato è il primo video a infrarossi di una famiglia di tigri in aree della Cina così remote. L’area viene tenuta segreta per la sicurezza di questa sottospecie, considerata dagli esperti in serio pericolo di estinzione. Una bella notizia per una specie a rischio.

La tigre siberiana è una sottospecie di tigre, un mammifero carnivoro appartenente alla famiglia Felidae. È caratterizzata da un mantello più chiaro rispetto alle altre sottospecie di tigre e da dimensioni simili a quelle della tigre del Bengala, il che ne fa il felino più grande esistente.

 

La tigre siberiana è endemica di una ristretta area geografica situata nell’estrema parte sudorientale della Siberia in gran parte corrispondente al massiccio montuoso costiero del Sichotė-Alin, e il suo habitat è costituito dalla foresta boreale e temperata mista, due biomi tipici di questa regione. A partire dalla metà del XIX secolo, la sottospecie ha subito una drastica diminuzione dell’areale e del numero di esemplari causata da un insieme di fattori concorrenti come la distruzione dell’habitat, la caccia di frodo e la diminuzione delle prede tipiche. Il suo stato di conservazione – monitorato dagli anni 1950 e determinato dallo IUCN nel 1996 e successivamente nel 2008 – la classifica come in pericolo di estinzione.

Al 2008, la sua popolazione – stabile o in modesta ripresa dopo un lungo periodo di declino – conta alcune centinaia di esemplari diffusi prevalentemente nell’Estremo Oriente russo e, in misura minore, nell’area di confine con la Manciuria e la Corea del Nord.

 

Sebbene il peso degli esemplari maschi possa superare facilmente i 280 chilogrammi,  il valore medio è inferiore e si aggira attorno ai 230 kg. Sono stati catalogati esemplari dal peso superiore ai 360 kg e, in letteratura, sono menzionati alcuni maschi anziani che raggiungevano i 384 kg. La tigre dell’Amur è un carnivoro e un abile predatore. Come tutte le tigri predilige cacciare nelle ore di alba e tramonto assalendo le proprie prede alle spalle dopo un breve scatto dal punto di agguato. La preda, se possibile, viene costretta a terra e uccisa per strangolamento serrando le fauci sulla gola o la nuca. Il complesso delle prede tipiche è vario: il cervo nobile, il cinghiale, il capriolo, il sika, il goral e il cervo muschiato.

Nel 1996, la Cina prese concreti provvedimenti per arginare il disastro ecologico provocato dall’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali che aveva decimato la fauna della provincia dello Jilin e minacciava di provocare l’estinzione delle minuscole popolazioni locali di tigre e leopardo dell’Amur costrette nelle aree boschive settentrionali più isolate della città-contea di Hunchun, in particolare lungo la fascia di confine con la Russia. Il governo provinciale di Jilin bandì totalmente la caccia per un periodo di cinque anni, reiterando nuovamente il bando – per altri cinque anni – nel 2001 e ancora – per dieci anni – nel 2006. Inoltre, furono istituite negli anni, nove riserve naturali con il risultato positivo, nel 2006, di mettere sotto tutela l’11,6% del territorio provinciale e ottenere un aumento del densità di cervidi e cinghiali – le prede abituali della tigre – rispettivamente del 44% e dell’80%. La bassa densità di ungulati nel Jilin è considerata, infatti, il principale ostacolo al ripopolamento della tigre. Un monitoraggio del WCS condotto dall’equipe di Dale Miquelle tra il febbraio e il marzo del 1998 stimava la presenza di una popolazione totale di sole 4 o 6 tigri e 4 o 7 leopardi. Nonostante la presenza di cacciatori di frodo, l’ostacolo principale rilevato da Miquelle era costituito dall’eccessiva pressione venatoria sugli ungulati (circa 3 000 animali uccisi all’anno) così elevata da rendere difficoltoso il procacciamento del cibo da parte dei predatori. Il secondo fattore di rischio era costituito dalla frammentazione eccessiva dell’habitat di queste popolazioni, un problema che toccava anche la piccola popolazione russa (6 – 8 tigri e 20 leopardi stimati nello stesso anno) situata sul confine sinorusso.

 

Nel 2006, il governo locale ha annunciato un controverso piano di reintroduzione di alcune tigri allevate in cattività allo scopo di consolidare l’esigua popolazione selvatica. Al 2007, la popolazione cinese della tigre dell’Amur si attestava sui 18 – 22 esemplari. Secondo lo IUCN, nonostante la migliorata situazione generale, permane il “rischio critico” di estinzione.

 

Alessandro De Biasio 
a.debiasio@mountlive.com

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