Rifugi? Un occhio al passato e l’altro al futuro

brioschi

“I rifugi del Club alpino italiano si devono distinguere dalle altre strutture. In questa ottica tradizione e innovazione non sono termini contrapposti, ma indicano la nostra intenzione di non abbandonare quanto effettuato e tramandato in decenni di storia, ma contemporaneamente di guardare al futuro, tenendo bene presente il concetto di sobrietà”.

Queste le parole affermate oggi dal Presidente generale Vincenzo Torti a Barzio (LC), in occasione del convegno “Rifugi alpini tra tradizione e innovazione”, organizzato dal CAI Milano nella sala gremita della Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino, Riviera. “La grande presenza di oggi conferma come l’idea di promuovere questo convegno da parte della nostra Sezione sia stata vincente, perchè ha messo in contatto soggetti protagonisti di dinamiche importantissime per la vita in montagna. Il CAI guarda con favore dunque a nuove progettualità, condivise tra Sezioni proprietarie e gestori, che non hanno l’obiettivo di creare hotel a quattro stelle in alta quota, bensì di valorizzare il ruolo dei rifugi come presidio del territorio e come promotore della cultura di montagna”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il Presidente del CAI Milano Massimo Minotti: “Vorrei partire dalla citazione di Gustav Mahler richiamata da Annibale Salsa: la tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione della cenere. Oggi si è parlato molto di sobrietà, alla quale aggiungerei anche il valore dell’umiltà, la prima cosa che si impara in montagna. Essere umili significa tenere il passo di chi va più lentamente ma anche spingerlo a superare i propri limiti. Il rifugio deve diventare presidio sociale, aperto a tutti, non solo agli alpinisti, ma soprattutto ai giovani che, attraverso la loro frequentazione, possono essere educati al rispetto dell’ambiente. Quella del rifugista non è una semplice professione, dato che deve portare la gente in montagna, e ha dunque anche una finalità sociale”.

L’importanza della figura del rifugista è stata ribadita dal Presidente del CAI Lecco Alberto Pirovano, che ha ricordato come “Passano molti più Soci CAI dai rifugi che dalle Sezioni. Per questo il rifugista è il vero front office del CAI. Voglio ricordare che le Sezioni proprietarie investono l’intero introito ricavato dalla gestione dei rifugi nel mantenimento degli stessi, supportati dallo specifico fondo del CAI centrale. La maggior parte adotta dei contratti atipici che sono una risorsa per venire incontro alle esigenze del gestore e della Sezione stessa”.

La Commissione centrale rifugi del CAI, come ricordato in sala dal suo Presidente Giacomo Benedetti, è attualmente al lavoro sui temi discussi oggi: “Le nostre strutture alpine per innovare possono puntare sull’enogastronomia locale e sull’organizzazione di laboratori rivolti ai più giovani. Ben vengano anche gli eventi, nei quali però deve essere attentamente dosato l’elemento mondanità, a favore di quello culturale ed educativo”.

Prima del dibattito finale sono intervenuti Carlo Lucioni (Past President del CAI Milano e della Commissione rifugi CAI Lombardia), che ha approfondito la finalità sociale dei rifugi, Danilo Alluvisetti (gestore del rifugio Sassi Castelli), che ha parlato della professione del rifugista e Alessandro Meinardi (Direttore Parco dello Stelvio Lombardia), che ha trattato il legame delle strutture alpine con il territorio.

L’incontro si è concluso con la premiazione dei tre rifugi del CAI Milano V Alpini, Brioschi e Elisabetta, che nel 2016 hanno vinto il concorso indetto da Meridiani Montagne e patrocinato dal CAI “Il rifugio del cuore”.

Cai

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