Risposta francese alla Skyway Monte Bianco: a spasso in un tubo all’Aiguille du Midi

La battaglia turistica per il Monte Bianco continua tra i due versanti: ai francesi fanno paura i numeri di questi primi mesi della nuova Skyway Courmayeur-Punta Hellbronner. Hanno ideato una maxi-passerella che dal 2016 consentirà ai visitatori di circolare liberamente attorno all’Aiguille du Midi (3.842 metri). E’ un tubo lungo 35 metri 
auguille du midi monte bianco

 

La risposta dei francesi non si è fatta attendere. Così i cugini d’Oltralpe a due mesi di distanza dall’apertura della Skyway a Courmayeur hanno ideato la loro risposta sul Monte Bianco. Cosa? Una maxi-passerella che dal 2016 consentirà ai visitatori di circolare liberamente attorno all’Aiguille du Midi (3.842 metri). I francesi la chiamano «la Pipe». E’ un tubo lungo 35 metri che ha uno scheletro pesante, 87 tonnellate d’acciaio. Lunedì scorso un elicottero ha iniziato a trasportare i pezzi di questa passerella in alta quota: 48 viaggi per iniziare a dar vita all’opera che permetterà ai turisti di fare il giro completo del pilone dell’Aiguille du Midi.

Il tubo di acciaio, lungo 32 metri e pesante 65 tonnellate, aumenterà la già ampia offerta della stazione che conta 500.000 visitatori all’anno.

La «Pipe» è ancorata nella roccia e per farlo sono state utilizzate 400 tonnellate di cemento. E’ progettata, oltre che per reggere se stessa e i turisti, anche per sopportare il peso di 75 tonnellate di ghiaccio e neve. In gioco, solo per il «tubo», 2,3 milioni di euro che sono finanziati dalla Compagnie du Mont-Blanc.

Il cilindro avrà il vuoto sotto di sé e collegherà le due passerelle già esistenti, sarà quindi possibile per tutti, senza la minima difficoltà, fare il giro completo in un percorso ad alta quota dal Pilone Nord, passando per la terrazza panoramica, poi una tappa nella finestra sul vuoto, il «Pas dans le vide» e così via.

Il panorama sul Bianco sarà garantito grazie alla presenza di cinque grandi finestre. Salire dall’Italia costa 45 euro, per andare sull’Aiguille dalla Francia, invece, ne servono 57.

 

Versante italiano: nei primi due mesi di vita, Skyway ne ha richiamati 50.000. Alla stazione di partenza a Courmayeur l’altro giorno c’erano 200 metri di coda alla biglietteria. Trattasi di un’opera architettonica tra le più avveniristiche mai costruite in montagna. E’ stata inaugurata dal Premier Renzi. Le cabine sono dotate di un sistema che permette la rotazione su se stessa e una visione a 360° di tutte le zone attraversate, dal Dente del Gigante alle Grandes Jorasses, dalla Val Ferret alla Val Veny, fino alla vetta del Bianco. A Punta Helbronner, una volta ultimai i lavori, ci sarà di tutto: sala di proiezioni,  ristoranti, bar, un’area museale e una terrazza circolare di quattordici metri di diametro con vista sulla Vallée Blanche.

L’impianto permette di risalire da Pontal a Punta Helbronner con una stazione intermedia al Pavillon Mont Frety (2178 metri). Nella stazione di arrivo è stato scavato un cunicolo nel granito del Bianco per installare un ascensore che permetterà di scendere all’altezza del rifugio Torino, a quota 3.335, raggiungibile attraverso un altro tunnel orizzontale anch’esso scavato nella roccia e lungo 150 metri. Ovviamente il tutto in modo avveniristico: sale multimediali, servizi turistici e, al Pavillon, anche di un ristorante panoramico. E il vecchio? Beh, l’attuale funivia sarà smantellata e le stazioni del Pavillon e del rifugio Torino diventeranno musei. I materiali usati sono ad elevate prestazioni: adatti all’impervio comportamento degli agenti naturali, e in grado di soddisfarne i requisiti di resistenza, termici, acustici ed in grado di opporsi alla formazione di neve e ghiaccio sulle superfici. Il tutto è costato 138 milioni di euro (versati dalla Società Funivie e dalla Regione Val d’Aosta. Inutile dirlo che nell’ideazione e costruzione è stata data particolare attenzione all’impatto sull’ambiente con l’impiego di materiali ad alto isolamento, ampie superfici fotovoltaiche e sistemi di riscaldamento con pompe di calore e recupero di calore. Insomma, l’intento è di non utilizzare energia ma autoprodurla.

 

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