Sono Tamara Lunger la compagna di cordata di Simone Moro sul Manaslu

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“Sono molto eccitata: tra pochi giorni partirò per una nuova avventura in Nepal. Insieme a Simone Moro proverò a scalare il Manaslu d’inverno…”. Da queste poche parole già si intuisce tutto il fervore di Tamara Lunger; è come se già stesse lì. Tamara Lunger sarà la compagna di Simone Moro per la spedizione invernale sul Manaslu presentata l’altro giorno dai due a Milano. Si partirà a giorni alla volta dell’Himalaya e si salirà tra fine febbraio ed inizio marzo.

LA SPEDIZIONE SUL MANASLU
Sentiamo l’alpinista altoatesina: “Dopo il mio successo sul K2 mi ha contattato subito Simone Moro e mi ha chiesto se mi piacerebbe venire ad una spedizione invernale. In realtà, avevo già chiuso con questo obiettivo, ma l’idea mi ha affascinato, soprattutto perché in quel momento ero in un flusso totale e credevo che posso realizzare di tutto. Così ho accettato. E’ stata anche una sorta di conferma per me; come della piccola Heidi fossi diventata la grande Tamara. E naturalmente mi ha fatto incredibilmente orgoglioso, che lui aveva fiducia nelle mie capacità.
La destinazione non era ancora chiara, ma quella l´abbiamo trovata. Il 14 febbraio saltiamo sull’aereo e andiamo in Nepal. Il nostro obiettivo è quello di fare una salita completamente invernale del Manaslu. Nel 1956 Gyalzen Norbu, Artur Hajzer e Toshio Imanishi sono stati i primi a salire su questa montagna. Il Manaslu è stato salito d´inverno il 12 gennaio 1984 dai polachi Berbeka Maciej e Gajewski Ryszard, ma la salita non era in totale inverno. Dopo l´acclimatamento Simone e io vorremmo prima salire il Manaslu, alto 8156 metri e poi l’East Pinacle. La via di salita e discesa sarà la via normale di Nord Est. Questo concatenamento – aggiunge Lunger – è stato fatto nel 1984 dai due polachi Artur Hajzer e Jerzy Kukuczka, ma venendo da sud. La spedizione durerà 46 giorni. Al nostro campo base avremo anche un cuoco e un suo assistente. Non vedo l´ora di questa avventura, anche se so che un errore in questa altitudine in combinazione con il freddo significherà probabilmente la morte. Ma con un partner così esperto al mio fianco, posso partire rassicurata. Vedremo cosa ci aspetterà, lo vedremo solo sulla montagna”.

DALLA PICCOLA HEIDI ALLA GRANDE TAMARA
Ma chi è Tamara Lunger? Così si presenta sul suo blog: “Sono nata il 06/06/1986 a Bolzano in Alto Adige. Sono la più grande di tre sorelle dei miei genitori Margareth e Hansjörg, cresciute a San Valentino in Campo. “Tamar” deriva dall’ebreo antico e significa “vita”.
Mio padre è un appassionato alpinista e scalatore, così già da bambina, nelle tante gite in famiglia, sono entrata in contatto con le montagne. Quando avevo due anni, mio padre incominciò anche a correre in bici, ottenendo pure tanti notevoli successi. Nei week-end, tutta la famiglia lo seguiva alle sue gare con tanta passione: si vede che sin da sempre l’agonismo ha fatto parte di questa famiglia!

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Dopo aver preso la maturità al liceo scientifico (con specializzazione nello sport) a Vipiteno ho fatto una formazione di istruttore fisico a Hall in Tirol in Austria e di seguito ho deciso di frequentare l’università di Innsbruck (Austria) per studiare scienze dello sport. Dal 1999 i miei genitori gestiscono il rifugio Schutzhaus Latzfonser Kreuz qui in Alto Adige, dove, quando ho tempo, cerco di dare una mano durante i mesi estivi. Il tempo trascorso su questo rifugio ha scatenato il mio entusiasmo per le montagne e con gli anni il desiderio di montagne alte è cresciuto sempre di più. Ne ho praticati tanti di sport diversi, pure l’atletica leggera (due volte vice-campionessa italiana nel lancio di disco), ma la mia passione mi ha sempre più trascinato verso la montagna, cosicché nel 2002 ho incominciato con lo scialpinismo e le prime gare scialpinistiche. Come membro della squadra nazionale sono riuscita a vincere tanti titoli importanti: tra questi campionessa italiana nel 2006 e 2008, vice-campionessa nel 2007, ho vinto la Pierra Menta nel 2007 e 2008 ed anche il titolo di campione del mondo sulla distanza lunga nel 2008. Ogni istante in montagna mi fa vivere più consapevole, più intenso, più riconoscente. Dopo le numerose gare di scialpinismo ho cercato nuove sfide in alta montagna. È proprio lì dove mi sento a mio agio, dove mi sento libera, dove vivo una sensazione indescrivibile di gioia e di soddisfazione. Lo scalare in montagna non è solo neve e roccia, per me è la mia ragione di vita che mi fa vivere in modo più consapevole, più intenso e più riconoscente ogni istante che posso spendere in montagna. Ma la montagna per me significa anche rendere una certa prestazione. Chi una volta ha annusato aria d’agonismo, cercherà per sempre di superare i propri limiti, di porsi nuove sfide e non importa che si tratti di un “più veloce”, un “più difficile” o un “più alto”. Nel mondo femminile esistono ancora grandi possibilità per me perché solo poche donne vogliono affrontare una spedizione sulle vette più alte del mondo. Ma come già detto, per me non conta il misurarmi con altre alpiniste, bensì la sfida con me stessa. Che cosa sarò ancora capace di raggiungere, quanto difficoltoso può diventare il tutto, fino a che punto saprò sopportare gli sforzi fisici e psichici?
Mi attira il nuovo, lo sconosciuto e tutto ciò che non tutti fanno. Non solo la conquista di nuove vie e montagne mai scalate saranno le mie mete, ma vorrei anche provare una combinazione tra lo scalare in quota e il base jumping, un sogno che ho da tanti anni. Osservo comunque ogni particolare dal punto di vista della sicurezza, perché devo essere ben sicura di una cosa per poi volerla provare.
Già all’età di 14 anni avevo in mente il pensiero di scalare un ottomila e da sempre avevo una certa idea di come doveva essere. Esattamente così fu nel 2009 durante il mio primo soggiorno in Nepal. Da lì le cose erano chiare per me: era questo che volevo nel mio futuro e nient’altro.
Le montagne sono una parte essenziale della mia vita. Se parlo della montagna, mi agito e sento la voglia di far di più. È una passione profonda dentro il mio cuore e la mia testa è la forza esecutiva e trainante che mi fa credere in me stessa e nelle mie capacità. Ovviamente ci vuole anche tanto allenamento duro e la convinzione di poter compiere cose impossibili.
Anche se le mie imprese in montagna non vanno sempre a finire così come le vorrei io, perché la montagna spesso ti pone dei limiti, sono comunque molto grata di ogni minuto che posso viverci. C’è sempre qualcosa di positivo dentro ogni cosa, la montagna mi istruisce e mi rimprovera, mi fa capire tante cose ed ogni tanto mi ferisce, ma ogni piccola cosa è sempre un arricchimento per la mia vita, ogni piccola cosa mi rinforza e mi fa maturare”.

LE PAROLE DI SIMONE MORO
E questo è quanto dice Simone Moro su Tamara Lunger: “E’ una sognatrice. Diversamente dal solito Lei non si è però limitata a vivere i sogni solo nel mondo della fantasia, ma ha deciso di dare gambe ai propri sogni e lavorare duramente per trasformarli in realtà. Questa è infatti la differenza da chi vorrebbe e di chi vuole. Lei sa che non esistono sogni impossibili ma semplicemente ciò che cambia è il “come” e il “quanto” si deve lavorare per raggiungerli e concretizzarli. Tamara ha deciso di puntare molto in alto e dunque ciò che la aspetta è un duro ed intenso lavoro. Ma sarà il più bel modo per sentirsi viva ed autentica”.
L’altoatesina nel 2014 è riuscita a salire senza ossigeno il K2. “Tamara è fortissima fisicamente – aggiunge Moro – e ora ha anche l’esperienza necessaria sulle montagne più alte”. In due parole: Tamara Lunger ora osa puntare alla storia, perché sinora nessuna donna può vantare una prima invernale su un 8000. La svizzera Marianne Chapuisat, infatti, è stata sul Cho Oyu nell’inverno del 1993, ma la spedizione di cui faceva parte mise a segno soltanto una ripetizione”. In bocca al lupo ad entrambi!

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