Valanghe: nuovo test per il drone-sherpa, nel 2015 in dotazione al Cai

Intervista al coordinatore del progetto europeo, il prof. Lorenzo Marconi dell’Università di Bologna. Il test verrà effettuato nel week-end in Valle d’Aosta. Le novità, le caratteristiche e funzionalità del nuovo prototipo

 

 

A distanza di un anno questo week-end si testa nuovamente il drone-Sherpa; piattaforma robotica in grado di aiutare i soccorritori impegnati in attività in ambienti ostili (valanghe, zone montuose anguste, ecc), come quelli dove operano abitualmente il soccorso alpino, le guardie forestali, la protezione civile. È questo l’obiettivo del progetto coordinato dal Prof. Lorenzo Marconi del Dipartimento di Ingegneria elettrica e dell’informazione dell’Università di Bologna (Ateneo Capofila del progetto). Marconi, insieme a Roberto Nardi, in occasione del convegno internazionale “Conference on Decision and Control”, che si è tenuto a Los Angeles, negli Stati Uniti, dal 15 al 17 dicembre scorsi sono stati premiati con il “2014 IEEE Control Systems Magazine Outstanding Paper Award” per il miglior lavoro pubblicato nel biennio 2012-2013 sulla rivista internazionale Control Systems Magazine: il lavoro dei due ricercatori bolognesi, intitolato “Control of Aerial Robots: Hybrid Force and Position Feedback for a Ducted Fan”, è dedicato, appunto, al controllo di velivoli senza pilota, ovvero i cosiddetti “droni”.

 

lorenzo marconi

Professore Marconi, appuntamento per questo fine settimana… le differenze tra  questo drone e quello precedente?

Sì, lo testeremo nuovamente in Valle d’Aosta. L’attuale drone è un prototipo, diciamo, industrializzato. L’anno scorso abbiamo riscontrato problemi di interferenze elettromagnetiche tra sistema Artva e motore del drone. Abbiamo ovviato a questo problema e, come detto, lo verificheremo sulle Alpi valdostane insieme al Cai. L’idea è partita dall’utilizzare un drone dotandolo di un ricevitore ARTVA per la ricerca dei dispersi, in modo da perlustrare una vasta aerea in tempi rapidi. Il drone è in grado di identificare un segnalatore nascosto a 300 metri di distanza sotto un metro di neve in meno di un minuto. La tempestività dei soccorsi in questi casi è fondamentale per riuscire a salvare chi si trova travolto dalla massa nevosa. Spesso la vittima si trova in località difficili da raggiungere e quindi per i soccorritori il rilevamento del segnale può essere assai difficoltoso.

 

Come funziona?

Il nuovo prototipo è assistito vocalmente, quindi lo si può guidare con una tecnologia avveniristica. Nella soluzione tecnologica immaginata nel progetto, il soccorritore trasmette la sua posizione alla piattaforma robotica e comunica con essa attraverso dei dispositivi tecnologici facili da operare e leggeri (appunto comandi vocali e gestuali). La piattaforma comprenderà poi un piccolo rover terrestre che trasporterà piccoli “elicotteri”, adatti a operare nelle vicinanze di essere umani e che supporteranno l’attività del soccorritore e un aereo ad ala fissa che vola in modo autonomo a un’altezza di circa 50-100 metri. La piattaforma combina i vantaggi di una piattaforma aerea, in termini di sorveglianza e capacità di raggiungere velocemente zone lontane e magari inaccessibili da terra, con quelle di una piattaforma terrestre in termini di autonomia e raggio operativo.

 

Come verrà effettuato il test?

I test riguarderanno principalmente l’analisi delle performance di volo nel contesto montano, con avverse condizioni meteo, nonché la fattibilità dell’individuazione accurata di un segnale emesso da un trasmettitore (beacon) posto sotto la neve, che simula il disperso, mediante l’apparecchio di ricerca in valanga installato a bordo del drone SHERPA.

 

Ipotizziamo che il test venga superato a pieni voti, quando lo vedremo all’opera?

Contiamo di fornire il Cai di tale dispositivo già entro l’anno.

 

Quali sono le novità sostanziali dall’uso di un drone?

L’obiettivo di SHERPA è quello di integrare e arricchire le capacità cognitive e di ricerca del soccorritore con quelle di una piattaforma robotica per minimizzare i tempi di intervento e soccorso. La celerità nell’intervento è strategica pe salvare una vita umana in quanto sappiamo che una persona sotto la valanga ha pochi minuti di sopravvivenza. Poi i costi, ci sono differenze abissali dall’uso dell’elisoccorso da quello del drone. In  generale, diciamo, che cambieranno radicalmente strategie e procedure nel soccorso alpino.

 

 

Lo si può utilizzare solo per la ricerca dei dispersi in caso di valanghe?

No. Il drone lo si può utilizzare anche in scenari estivi, basti pensare a passaggi, canaloni angusti dove è difficile arrivarci sia a piedi sia in volo e poi, dati alla mano, i dispersi in estate sono in numero molto più elevato rispetto ai casi di persone disperse sotto una valanga.

 

Ci sono limiti nell’utilizzo del drone, penso soprattutto all’altitudine?

Lo scorso anno lo abbiamo testato sino ai 3mila metri e non abbiamo riscontrato alcun problema in termini di densità dell’aria.

 

La durata di utilizzo?

Circa 40 minuti operativi.

 

La distanza di utilizzo rispetto all’operatore che lo manovra?

Beh, questo dipende se vi siano ostacoli o meno; comunque possiamo dire, in generale, 5/600 metri di distanza in linea d’aria.

 

Ci dice del progetto Europeo?

E’ un progetto Europeo, appunto, con un Consorzio di 10 partners. SHERPA riunisce università di tutta Europa – l’ETH di Zurigo, l’Università di Napoli Federico II, la svedese Linkopings Universiteit, l’Università di Brema, l’università di Twente e la Katholieke Universiteit di Leuven. Bologna ne è capofila. Fanno parte del consorzio anche due piccole e medie imprese e il Club Alpino Italiano

 

Finanziamenti da parte della Comunità Europea?

9 milioni di euro complessivi . E’ un progetto di 4 anni ed ora siamo al 2°.

 

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