Atlante delle Foreste: quanto e dove si pianta in Italia?

Lo studio illustra il trend dei nuovi interventi di rimboschimento in Italia, quantificando l’incremento del capitale naturale e i relativi benefici ambientali ed economici anche in relazione al cambiamento climatico

Atlante delle Foreste: pubblicata la quarta edizione. Si tratta dello studio che illustra il trend dei nuovi interventi di rimboschimento in Italia, quantificando l’incremento del capitale naturale e i relativi benefici ambientali ed economici.
Ebbene, sono oltre 2,4 milioni gli alberi piantati in Italia nel 2023, un investimento che vale 16 milioni di euro all’anno. In sintesi l’indagine condotta da Legambiente e AzzeroCO2 con il supporto tecnico di Compagnia delle Foreste per Il Sole 24 Ore.

Forestazione contro cambiamento climatico

La forestazione è considerata una delle prime grandi opere necessarie al Paese per combattere gli effetti del cambiamento climatico e il dissesto idrogeologico.
Ma quanto si pianta? E qual è la superficie interessata da tali attività in Italia? A registrare i dati è appunto l’Atlante delle Foreste. Come riporta lo studio, oltre 2,4 milioni di alberi hanno messo radici in Italia nel 2023 su una superficie pari a oltre 3.000 ettari. Un investimento per il futuro, frutto della pianificazione regionale e nazionale e della sinergia tra pubblico e privato, che genererà un ritorno economico stimato in oltre 16 milioni di euro all’anno per ciascuno degli anni di vita degli impianti arborei ed arbustivi messi a dimora.

Lo studio Atlante delle Foreste

Lo studio, basato sull’analisi di circa 300 macro-progetti distribuiti in aree urbane ed extraurbane, descrive un capitale naturale in continua evoluzione, tra le sfide del cambiamento climatico e le opportunità offerte da strumenti finanziari pubblici, fornendo una mappa dettagliata degli interventi realizzati nelle Regioni italiane. Come si evidenzia nell’indagine, piantare alberi non è un semplice gesto simbolico, ma una scelta concreta e lungimirante con un ritorno economico tangibile che si estende ben oltre il semplice recupero dell’investimento iniziale, che avviene in soli 4-5 anni, a fronte di una vita media dei progetti superiore ai trenta anni.

L’impatto economico positivo delle forestazioni

L’Atlante delle Foreste quantifica l’impatto economico positivo generato dalle nuove infrastrutture verdi, considerando diversi fattori. La mitigazione di eventi climatici estremi e la regolazione della qualità dell’aria e del suolo contribuiscono per 2.202,9 euro per ettaro all’anno. Significativo anche l’impatto sul turismo sostenibile e sulle attività culturali, valutato in 639,2 euro per ettaro all’anno. Infine, ma non meno importante, le foreste garantiscono la disponibilità della biodiversità e il funzionamento degli ecosistemi forestali per le generazioni future, con un apporto stimato in 2.342,5 euro per ettaro ogni anno.

“Con questa nuova edizione dell’Atlante delle Foreste – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente – abbiamo realizzato un quadro significativo degli interventi di messa a dimora di alberi effettuati in Italia e offerto un’analisi dei benefici che ne derivano, da quelli economici a quelli sistemici, come il contributo alla mitigazione di eventi climatici estremi e la regolazione della qualità dell’aria e del suolo che contribuiscono a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Proprio la messa a dimora di piante per creare polmoni verdi per le nostre città è uno degli obiettivi della nostra storica campagna Festa dell’Albero che quest’anno celebriamo dal 21 al 24 novembre con decine di eventi in collaborazione con il progetto europeo Life Terra. Perché vogliamo città più belle e respirabili, ma anche più resilienti agli effetti – sempre più impattanti – della crisi climatica: un risultato che passa soprattutto dalla buona gestione degli spazi verdi urbani, ancora troppo spesso trascurati, se non addirittura abbandonati”.

Dove si pianta?

Dallo studio emerge che, considerando sia gli investimenti pubblici che quelli privati, il Trentino-Alto Adige, con oltre 637.000 piante messe a dimora, prevalentemente nelle Province autonome, è la regione con più alberi piantati nel periodo temporale considerato, seguita dal Piemonte e da Basilicata e Puglia, che risalgono nella classifica, insieme ad altre Regioni del centro sud. Anche per quanto riguarda le Città metropolitane, ben due città del sud, Bari e Messina, occupano le prime posizioni insieme a Torino, grazie a interventi di forestazione finanziati con i fondi del Decreto Clima e del PNRR.
Il segno positivo non riguarda però tutte le Regioni. Un dato rilevante emerso dall’analisi è l‘assenza nel 2023 di nuove piantagioni finanziate con fondi regionali in sette Regioni: Abruzzo, Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Calabria e Molise. Questo è probabilmente dovuto al fatto che il 2023 rappresenta un anno di transizione per le politiche forestali italiane, a seguito della conclusione del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2022 e in attesa della piena operatività dei nuovi piani strategici (Complemento Regionale per lo Sviluppo Rurale del Piano strategico della PAC 2023/2027). Diversa la situazione della Liguria, dove la scelta di non investire in nuove piantagioni è legata all’elevata percentuale di superficie boschiva regionale. È importante quindi sottolineare che l’assenza di incrementi nel numero di alberi piantati non è necessariamente un indicatore negativo, ma va contestualizzato nella specifica realtà regionale e nell’arco temporale di riferimento del rapporto. In alcuni casi le nuove attività di forestazione sono state messe in programma per il 2024.

Cambiamento climatico e scelta delle specie arboree

Non tutti gli alberi sono uguali e neanche i territori che li ospitano. I cambiamenti climatici impongono una riflessione urgente sulla progettazione degli interventi di forestazione, sia in aree urbane che in aree parco. In questa prospettiva lo studio suggerisce il potenziale utilizzo delle specie esotiche non invasive, che in determinati contesti potrebbero rafforzare la resilienza dei territori sottoposti oggi ad un forte stress. Queste piante non sono la risposta al clima che cambia; tuttavia, se ne può valutare l’utilizzo in alcuni contesti, analizzandone di volta in volta il rapporto rischi/benefici a livello territoriale. L’accelerazione del cambiamento climatico sarà infatti una dura prova, anche per gli alberi. Alcune specie se la caveranno meglio di altre in futuro, per questo potrebbero esserci dei “compromessi” nella selezione delle specie da utilizzare, con l’obiettivo di favorire la progressiva ricostituzione di un suolo forestale e di creare le condizioni per il ritorno delle specie autoctone.

Atlante delle Foreste, IV edizione 

 

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