Quando la sabbia del Sahara sporca le Alpi

Negli ultimi giorni dati di 5 volte superiori alla media. Le conseguenze del fenomeno

NELLA NOTIZIA
  • Una conferma dell’origine sahariana del fenomeno arriva anche dall’analisi delle retrotraiettorie effettuata con il modello Hysplit e dai prodotti messi a disposizione dai centri di ricerca specializzati nella previsione di polvere sahariana, quali il BSC (Barcelona Supercomputing Center). 

Negli ultimi giorni le Alpi occidentali sono state interessate da un fenomeno di trasporto di polvere e di sabbia dal Sahara, favorito da un flusso meridionale in quota associato alla presenza di una vasta circolazione depressionaria localizzata tra la Spagna, il Marocco e l’Algeria.

Il trasporto di sabbia sahariana si è visto bene nell’immagine del satellite NASA-MODIS e il fenomeno è stato registrato sia dagli strumenti di misura che di previsione delle qualità dell’aria dell’Arpa.

La concentrazione maggiore di polvere si è rilevata ad una quota di 3000-4000 mt. Anche 5 volte superiore alla media.

Nella stazione di Ceresole Reale, installata nei pressi della diga di Ceresole a 1620 m sul livello del mare, lontana da fonti emissive e caratterizzata da un valore medio annuo di particolato PM10 pari a circa 10 ug/m3, le concentrazioni giornaliere di PM10 sono passate dal valore di 5 ug/m3 del 21 gennaio, ai 14 ug/m3 del 22 gennaio, fino ai 47 ug/m3 del 23 gennaio.

In particolare nelle concentrazioni previste per la giornata del 23 gennaio, è aumentata in modo significativo sull’arco alpino la componente grossolana del PM10 (coarse), associata alla sabbia desertica.

Non è una bella notizia anche dal punto di vista della neve e del ghiaccio presenti sulle Alpi. Lo scorso anno un ostudio scoprì che la neve delle Alpi Europee fonde più velocemente a causa delle polveri del Sahara. La scopetta era dei ricercatori del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con Arpa Valle d’Aosta, Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), ricercatori francesi (Univ. Grenoble Alpes, Météo-France e CNRS) e Max Planck Institute, in Germania.

fonte: arpa piemonte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio