La morte sull’Eiger e l’infinita odissea di Toni Kurz

Due cordate, tedesca e austriaca, salgono insieme per la parete nord dell'Eiger ma devono desistere per il maltempo e un incidente. Decidono di scendere ma sul traverso Hinterstoisser non si passa più. Scendono per la via diretta ma una valanga li prende in pieno. Muoiono in tre, resta vivo solo Kurz ma...

Forse una delle tragedie rimaste e che rimarranno nella mente di ognuno di noi. Quella sulla parete nord dell’Eiger. Nel 1936. La parete nord dell’Eiger rappresentò a lungo un problema alpinistico insolubile. Le grosse difficoltà della parete erano e sono soprattutto di carattere ambientale: a causa della sua esposizione, infatti, presenta ampie zone di neve perenne e ghiacciai, ed è soggetta a numerose frane, distacchi e scariche di pietre, soprattutto nella stagione estiva, a causa del disgelo diurno di parte del ghiaccio.

Per questi motivi la parete fu evitata fino agli anni trenta del XX secolo, quando si susseguirono diversi tentativi di salirla.

L’Eiger è una montagna svizzera delle Alpi bernesi, situata nella regione montuosa dell’Oberland. Per quanto riguarda l’origine del nome, esistono tre ipotesi. La prima si rifà al nome altotedesco Agiger o Aiger, che si immagina essere stato il nome del primo colono ai piedi del monte. La seconda ipotesi si rifa al latino acer, mediato dal francese aigu nel senso di “acuto, appuntito”, rifacendosi alla forma della montagna. La terza ipotesi si appoggia sull’antica ortografia Heiger, che potrebbe essersi sviluppata dall’espressione dialettale hej Ger, laddove hei vale il tedesco hoch (in it. Alto), e Ger è il nome di una lancia usata dai popoli germanici: Hej-ger significherebbe dunque: l’alta lancia, un nome comunque ispirato dalla sua forma appuntita. Ma ce n’è anche un’altra: Eiger infatti ricorda molto la parola tedesca Oger, significa “Orco”.

Le cordate nel 1936

Ma torniamo al 1936. Vi erano già stati vari tentativi, ma quell’anno vi provarono, tra gli altri, due cordate separate: i tedeschi Andreas Hinterstoisser e Toni Kurz, e gli austriaci Willy Angerer ed Edi Rainer. Incontratesi in parete, le due cordate decisero di unire le forze nel tentativo. Hinterstoisser riuscì ad oltrepassare il passaggio chiave della via, un lungo traverso esposto che oggi porta il suo nome (traversata Hinterstoisser).

Nelle fasi successive però Angerer fu colpito alla testa da una scarica di pietre, rimanendone ferito; tentò comunque di proseguire. Al quarto giorno di salita, a causa delle cattive condizioni di Angerer e del peggiorare del tempo, il gruppo decise di ritirarsi; non riuscendo però ad effettuare a ritroso la traversata Hinterstoisser (nella salita ritirarono la corda!), dovettero scendere per la via più diretta, molto esposta a valanghe e scariche.

La discesa

Mentre stavano preparando una discesa, infatti, i quattro furono investiti da una valanga. Andreas Hinterstoisser era slegato dagli altri, e fu trascinato via dalla valanga. Gli altri tre erano legati tra loro, con la corda passante in un chiodo fissato alla parete, ma non riuscirono a tenersi. Angerer e Kurz caddero lungo la parete, mentre Rainer fu trascinato verso monte dalla caduta dei due e schiacciato violentemente contro la parete. Angerer sbatté contro la parete e morì sul colpo; Rainer morì in pochi minuti. Kurz sopravvisse, e rimase appeso alla corda tra i due compagni morti, invocando aiuto. Le sue grida furono sentite dal guardiano della ferrovia, che chiamò i soccorsi a valle. Una squadra di soccorso composta da Hans Schlunegger e dai fratelli Christian e Adolf Rubi lasciò Grindelwald e, su un treno speciale messo a disposizione dalla Jungfraubahn, si recò alla finestra della galleria, da cui salì sulla parete.

I tre riuscirono a raggiungere un punto a circa 100 m sotto Kurz, ma non poterono andare oltre, a causa delle pessime condizioni del tempo e della parete; dovettero dunque dire a Kurz che sarebbero tornati il giorno dopo, nonostante le disperate grida d’aiuto di Toni.

tony kurz

La storia di Toni Kurz (nato il 13 gennaio 1913) fu narrata in dettaglio per la prima volta nel libro Il ragno bianco di Heinrich Harrer, uscito nel 1959, che ripercorre la storia delle ascensioni della parete nord dell’Eiger. Questo racconto fu ripreso da Joe Simpson nel suo libro The Beckoning Silence, pubblicato nel 2003; dal libro fu tratto nel 2007 un documentario televisivo, girato da Louise Osmond, dove viene effettuata una ricostruzione storica degli eventi di quella scalata. I personaggi e gli eventi della scalata del 1936 sono alla base del film tedesco North Face – Una storia vera (2008), del regista Philipp Stölzl.

Il giorno seguente, 22 luglio, la squadra di soccorso, a cui si era aggiunto Arnold Glatthard, tornò sulla parete, e, grazie anche alle migliorate condizioni del tempo, riuscì a raggiungere un punto a soli 40 m da Toni Kurz.

Questi era sopravvissuto alla notte all’aperto; aveva però perso il guanto sinistro, e il suo intero braccio sinistro era bloccato per il congelamento. La squadra non poté però salire più in alto: la parete era estremamente liscia ed aggettante, e per di più coperta di ghiaccio. L’unica possibilità per Toni Kurz era quella di scendere con le sue forze fino all’altezza dei soccorritori.

La parete veniva considerata talmente pericolosa che un comunicato del Comitato Centrale del Club Alpino Svizzero riferiva che le guide non dovevano sentirsi obbligate ad andare in soccorso di chi si fosse trovato in condizioni critiche sulla parete.

Strazio infinito

Kurz riuscì a tagliare la corda che lo legava alla salma di Angerer, e risalì al terrazzino di partenza, dove liberò il resto della corda. Poiché questa era troppo corta per raggiungere i soccorritori, cominciò a separarne i trefoli.

Dopo cinque ore di lavoro, Kurz riuscì a legare insieme i tre trefoli, ed a calarli fino ai soccorritori; questi legarono al cordino una corda intera e del materiale da armo (martello, chiodi, moschettoni); poiché però non avevano una corda di lunghezza sufficiente, legarono insieme due corde. Kurz recuperò la corda, la fissò alla parete, e cominciò a scendere, dopo aver fatto passare la corda in un moschettone fissato ad un anello di cordino intorno al suo corpo.

Superato un tetto aggettante, scese nel vuoto per un tratto, ma quando incontrò la giunzione delle corde dovette bloccarsi: il nodo infatti non passava attraverso il moschettone. Kurz tentò disperatamente di far passare il nodo, di scioglierlo, di passarvi sotto, continuamente spronato dalla squadra di soccorso, ma inutilmente.

“Non ne posso più”

Dopo parecchi tentativi, infine, Kurz disse a voce chiara e ben discernibile: “Ich kann nicht mehr” (“non ne posso più”), e si lasciò andare. Morì da lì a poco.

Nel 1936 Kurz e Hinterstoisser stavano prestando il servizio militare presso il 100° Jäger-Regiment a Bad-Reichenhall. Nel luglio del 1936, ottenuta una licenza, i due si recarono in Svizzera. Venuto a conoscenza delle loro intenzioni, il loro comandante, il colonnello R. Konrad, a sua volta alpinista esperto, telefonò a Grindelwald per vietare loro il tentativo, ma i due avevano già lasciato la tenda per avvicinarsi alla parete.

 

 

 

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