Basta soldi all’industria dello sci sulle Dolomiti venete

Mountain Wilderness contro l'intenzione della Regione Veneto di investire 100 milioni di euro per nuovi impianti sciistici

Le Olimpiadi 2026 “Milano-Cortina” è come se fossero già alle porte, con gli ambientalisti con l’occhio vigile sulle numerose opere in cantiere nei prosimi anni. Tanto che hanno anche richiesto che tutti gli interventi siano varati col VAS, ossia la Valutazione Ambientale Strategica, un processo sistematico di valutazione dell’impatto ambientale applicato a piani e programmi.

Ma, intanto, arriva un’altra notizia dal Veneto. Il presidente della Regione, Luca Zaia, secondo Il Fatto Quotidiano, vorrebbe investire 100 milioni di euro per nuovi impianti a fune per il collegamento di Cortina col Civetta e con Arabba.

A questa notizia Mountain Wilderness Italia ha subito fatto muro.

Siamo basiti nel leggere che il governatore della Regione Veneto Luca Zaia intende stanziare ulteriori 100 milioni di euro per sostenere l’industria dello sci. L’associazione ritiene che, nel cuore di una crisi climatica planetaria dovuta ai comportamenti aggressivi dell’uomo verso la natura, sia necessario e rappresenti un dovere cambiare i paradigmi dello sviluppo. L’industria dello sci è più che matura, in Dolomiti infatti ha consumato ogni spazio di territorio pregiato e di paesaggio.
Non si può prendere a pretesto la crisi economica di un settore (accentuata anche dalla pandemia in atto) o le vicine olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 per incentivare ancora sulle alte quote il consumo di suolo, di energia, di una risorsa primaria come l’acqua grazie a fondi pubblici che andrebbero invece investiti in altri settori. È ormai stato dimostrato ovunque – in val Gardena come in Fassa, a Madonna di Campiglio come in Badia – che ulteriori collegamenti non risolvono alcun problema di traffico nelle vallate turistiche. Vero è che questi collegamenti sono stati un’occasione per le diverse società funiviarie di appesantire l’urbanizzazione delle alte quote e per potenziare servizi di ristorazione, con ulteriore consumo di suolo, sempre di alto pregio. Del resto i dati ISTAT parlano chiaro: il Veneto da tre anni consecutivi è la regione italiana che consuma più suolo. E questo consumo non riguarda solo l’area padana, ma anche e in modo preoccupante le valli più periferiche: il consumo di suolo supera addirittura i 500 mq per abitante.
A livello propositivo, invitiamo quindi il governatore a guardare alla montagna con occhio più delicato, volto all’armonia. La gente di montagna ha bisogno di attuare una migliore e più conservativa gestione delle aree forestali, ha bisogno di sicurezza idrogeologica. Ma ha specialmente bisogno anche di servizi: formazione scolastica, sanità, mobilità pubblica, più ferrovie e meno strade. Anche investendo in questi settori si creano posti di lavoro, ad alta specializzazione e che richiedono professionalità specifiche. Sulle Dolomiti, ma anche in tutta la montagna della regione Veneto, non c’è sicuramente bisogno di altre faraoniche piste di bob o di indicibili investimenti in alberghi di lusso, di gallerie sotto le montagne (come il Sella).
Alla luce di queste osservazioni, invitiamo il governatore a chiedersi perché molte località abbiano rinunciato ad ospitare le Olimpiadi, e non solo in seguito a significativi e partecipati referendum popolari, ma anche grazie a decisioni di governi nazionali (Canada e Turchia). Auspichiamo quindi che si riprendano percorsi virtuosi, che permettano anche alla montagna veneta di evitare di appesantire il bilancio di emissioni di gas climalteranti. È più che mai necessario rivedere l’intera politica di sviluppo della montagna veneta. Ci troviamo in una vera e propria emergenza: chi adotta da subito politiche virtuose in tema ambientale sarà premiato nel futuro prossimo. I territori che rimarranno spettatori, o peggio, incentiveranno lo sviluppo della distruzione, diventeranno marginali, destinati al fallimento nel breve periodo.

 

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