Danilo Callegari sul Kilimanjaro. Africa Extreme 2015 missione compiuta
Si chiude la terza tappa del progetto 7 SUMMITS SOLO PROJECT, l’ipotesi di 7 spedizioni in 7 continenti per toccare la cima delle sette montagne più alte abbinando altre discipline outdoor estreme
Stanotte alle 2:30 circa (00:30 ora italiana) la parola fine ad Africa Extreme 2015, l’ultima grande sfida di Danilo Callegari, conclusasi con la salita e discesa del Kilimanjaro in 20h56m45s no stop, con un dislivello complessivo di 8.300 m (4.000D+/4.300D-).
Si chiude quindi la terza tappa del progetto 7 SUMMITS SOLO PROJECT, l’ipotesi di 7 spedizioni in 7 continenti per toccare la cima delle sette vette più alte abbinando altre discipline outdoor estreme. Tutto è iniziato nel 2011 con il SOUTH AMERICA EXTREME, dove Callegari ha percorso 4500 km in bicicletta, attraversato due deserti, percorso 300 km in kayak sul lago Titicaca, volato in parapendio sulla costa cilena, da Lima a Santiago del Cile in 4 mesi per scalare in solitaria e in stile alpino il Cerro Aconcagua (6.962 m) per la diretta dei Polacchi. Nel 2012 è stata la volta di EUROPE EXTREME con l’ascesa in solitaria e in stile alpino dell’Elbrus (5.642 m) e rientro a Pordenone, città in cui vive, in bicicletta, in inverno, per un totale di 4000 km.
Con AFRICA EXTREME 2015, l’alpinista-esploratore friulano ha affrontato in condizioni estreme uno dei continenti più selvaggi dell’intero pianeta, passando dall’umido delle acque oceaniche ai caldi torridi delle distese centrali africane, fino ai ghiacci perenni del Kilimanjaro. L’impresa è iniziata i primi di ottobre con 50 km di nuoto continuativo nell’Oceano Indiano, da Zanzibar fino a Bagamoyo, sulla costa della Tanzania, per proseguire di corsa con 27 maratone in 27 giorni per i 1.150 chilometri di savana, foreste e altipiani che lo separavano dall’approdo sulle spiagge della Tanzania fino alle falde del Kilimanjaro. Millecentocinquanta chilometri di caldo torrido, piogge torrenziali e fango, lungo il Manyara National Park e il Serengeti fino al tanto atteso Kilimanjaro National Park, base di partenza dell’ultimo step che ha visto Callegari salire e scendere il “Kibo” (5.895 m.s.l.m) in meno di 24 ore no stop senza campi intermedi.
“Un emozione fortissima mi ha sorpreso alla vista del cartello di cima del Kilimanjaro” racconta a caldo Danilo Callegari, “forse tra le più grandi che abbia mai provato. Ho pianto a dirotto di gioia e felicità, mentre ripercorrevo in modo incondizionato tutto quello che ho passato in questi quasi due anni di preparazione, di allenamento, di sacrifici e di complicazioni. Mi sono rivisto, in un flashback, la mia uscita dall’Oceano e tutte le mie 27 maratone”.
Nel suo audio messaggio, strozzato ancora dall’emozione, prosegue: “Qualche acciacco fisico me lo sono portato dietro dalle maratone, un dolore all’anca e una tendinite al ginocchio, ma il fisico ha tenuto bene grazie anche alle iniziali condizioni metereologiche buone che mi hanno accompagnato fino a campo 4. Poi il tempo è girato a pioggia mista neve, impedendomi di godere il panorama dalla cima e accompagnandomi per tutta la lunga discesa, soprattutto verso la fine, nella giungla. Ce l’ho fatta e questo è il giusto coronamento di tutto quello che ho affrontato prima”.