Giù le mani dalle Dolomiti
Il progetto faraonico prevede la realizzazione di un comprensorio collegato a tutte le Dolomiti con 1.300 km di piste e circa 500 impianti di risalita, in area Patrimonio Unesco. Investimento: circa 100 milioni. I pro e i contro
Le Dolomiti diventano un’unica stazione sciistica, una ragnatela di stazioni e impianti? Davvero si vuol far percorrere tutte le Dolomiti in seggiovia e sugli sci? Sì, questo è l’intento dell’industria turistica. Il tutto sullo sfondo delle Olimpiadi invernali 2026, dei progetti faraonici. Circa 1.300 chilometri di piste e circa 500 impianti di risalita in un’area Patrimonio Unesco.
Se ne parla da decenni ma il progetto pare che ora sia al via. Collegherà tre fra le ski aree più spettacolari delle Alpi: il Sellaronda, che unisce le valli ladine fra Alto Adige, Veneto e Trentino, le sette zone sciistiche di Cortina d’Ampezzo e il Giro della Grande Guerra, che sopra Alleghe gira attorno alle cime di Civetta, Pelmo e Tofana.
L’obiettivo è ancora più “ambizioso”: collegare anche il Comelico bellunese all’Alta Pusteria e alle Dolomiti di Sesto altoatesine attraverso il Passo Monte Croce.
A parlare del progetto è il Governatore veneto Luca Zaia e il sindaco di Cortina, Gian Pietro Ghedina.
Ci vogliono giorni di sci ai piedi per completare il giro.
Investimento previsto: tra 80 e 100 milioni di euro, metà dei quali garantiti dalle società private degli impiantisti. Il resto verrà da fondi pubblici.
La promessa è sostituire l’asfalto con cabinovie e funivie, veri e propri mezzi di trasporto pubblico d’alta quota.
Il primo step è già in cantiere. Un impianto da 13 milioni di euro collegherà il centro di Cortina con Socrepes. Da qui a Pocol ci si sposta già in seggiovia. Una cabinovia da 18 milioni permetterà di raggiungere le Cinque Torri.
«Saremo pronti per le Olimpiadi 2026 — dice Luca Zaia — le montagne si stanno spopolando, ambiente e turismo possono fermare l’emorragia. Nessuno può offrire la visione completa delle Dolomiti senza togliersi gli sci: e in estate evitare di intasare i passi di montagna con auto e pullman, grazie agli impianti, contribuirà a tutelare la natura».
Ovviamente gli ecologisti non ci stanno e sono decisi alla mobilitazione internazionale.
«Nessuno crede — dice Luigi Casanova, presidente onorario di Mountain Wilderness — che le seggiovie sostituiscono le automobili. L’obbiettivo è portare sempre più turisti e a qualunque costo in aree fragili, anche dove non nevica più».
Il sito Vie normali dice la sua e sulla pagina Facebook si legge:
Davvero c’è bisogno di sciare per 1300 km di seguito fra le valli dolomitiche? Con il futuro climatico che abbiamo davanti e vedrà neve giusto per un paio di mesi e per lo più artificiale con i problemi di creazione di bacini che ciò comporta? Nelle DOLOMITI UNESCO?? Questo è il patrimonio dell’umanità? Km di piste, sbancamenti, inquinamento e soldi? Forse il riconoscimento UNESCO sarebbe da togliere alle Dolomiti che Zaia e amici vogliono trasformare in una macchina sputa soldi alla faccia dell’ambiente, magari riempiendosi la bocca di parole come sostenibilità.
E questo il comunicato ufficiale del Cai:
In questi giorni sono apparsi numerosi articoli riguardante il maxi progetto di giro completo delle Dolomiti con gli sci. La costruzione di un nuovo impianto ha l’indubbio vantaggio economico di generare un indotto turistico industriale nell’area, permette la creazione di posti di lavoro. Ma sono stati valutati i costi ambientali di costruzione? Vale la pena di fare un investimento così oneroso sia in termini economici che di natura.
Come CAI Veneto riconosciamo che lo sci ha rappresentato e rappresenta un ruolo strategico nell’economia della montagna, questo ha permesso ad alcune comunità di mantenere il proprio radicamento geografico e la salvaguardia di un irrinunciabile patrimonio ambientale e naturalistico. Ma non può esservi uno sviluppo di impianti a fune che sia NO LIMIT.
Bisogna porre un limite allo sfruttamento delle risorse naturali sulle quali si fonda il turismo. Se la natura (ma anche la cultura e le tradizioni) vengono “distrutte” nel lungo periodo si arriva alla distruzione economica di un territorio. Secondo gli studi, le tre principali ripercussioni del cambiamento climatico sul turismo saranno una riduzione della stagione invernale con una conseguente diminuzione delle entrate per le destinazioni che vivono di turismo invernale.
Un aumento dei costi di gestione degli impianti per riduzione stagione invernale e un aumento della neve artificiale e un notevole aumento dei costi per i turisti che vogliono praticare gli sport invernali. Pertanto, per tutto quanto sopra esposto il CAI Veneto esprime le propria contrarietà in merito agli impianti e alle piste previste dal maxiprogetto, ritenendoli troppo onerosi e troppo impattanti nel contesto ambientale dove si andrebbe a collocare.
Presidente del Cai Veneto Renato Frigo