Ecco come è stata ritrovata la Endurance di Shackleton
I particolari del ritrovamento della leggendaria nave di Sir Ernest Shackleton inabissatasi nel 1915 nel mare di Weddell

Alcuni giorni fa la notizia ha fatto subito il giro del mondo. La Endurance di Sir Ernest Shackleton è stata ritrovata. Un pezzo di storia. Il relitto dell’Endurance, la storica nave che fu schiacciata dai ghiacci marini e che affondò durante una delle sue spedizioni più drammatiche, è stato ritrovato nelle acque dell’Antartide (Mare di Weddell) dopo 106 anni da un team di avventurieri, archeologi marini e tecnici a più di 3000 metri di profondità.
La Endurance
Era la fine del 1914 quando l’esploratore Ernest Shackleton e i ventisette uomini del suo equipaggio partirono per l’Antartide. L’Endurance era una nave all’avanguardia per i tempi. Era lunga quasi 44 metri e larga 7,6 metri, aveva tre alberi molto alti e uno scafo rinforzato in modo da resistere allo sgretolamento nel ghiaccio. Costruita per conto di armatori norvegesi (inizialmente si chiamava Polaris) che la volevano destinare a crociere nel Mar Glaciale Artico, per problemi economici venne venduta due anni dopo il varo, nel 1914, sottocosto, all’esploratore britannico Shackleton, per l’importo di 11.600 sterline.
Ribattezzata “Endurance” dal nuovo proprietario, salpò verso l’Antartide il 1º agosto dello stesso anno per iniziare la spedizione trans-antartica imperiale, raggiunse i mari australi dopo 5 mesi di navigazione, ma la sua vita tra i ghiacci perenni fu molto breve: rimase infatti bloccata il 19 gennaio 1915 e dopo alcuni mesi di agonia dovette essere completamente abbandonata dall’equipaggio il 27 ottobre, per affondare definitivamente il 21 novembre, dopo ben 281 giorni dall’incagliamento.
Della gloriosa nave riuscirono a sopravvivere solo 3 lance (la Stancomb Willis e la Dudley Docker), due cutter a vela e la James Caird, classica baleniera lunga sei metri, con la quale Shackleton, partendo dall’isola Elephant, percorse 650 miglia nautiche di avventurosa traversata nei mari antartici fino a raggiungere l’isola della Georgia del Sud, da dove erano partiti 522 giorni prima, per chiedere soccorso, permettendo così di salvare tutto l’equipaggio.
Come è stata ritrovata la Endurance
La spedizione “Endurance 22” è costata circa 10 milioni di dollari ed è stata finanziata da un donatore anonimo.
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Poi l’avvistamento. Il robot, però, quando ha trovato l’Endurance era al limite. La batteria aveva solo un minuto di autonomia. Quindi è stato fatto risalire in superficie e ricaricato. Quando sono tornati nella zona con il Sabertooth per fare altre riprese, hanno trovato una nave di legno sorprendentemente ben conservata.
L’Endurance è un monumento storico, quindi gli esploratori si sono limitati a osservare il relitto. E a filmarlo.
Ma come mai si è conservata così bene? L’asprezza dei mari antartici ha permesso che la nave si conservasse meglio di qualsiasi altro relitto. Un’imbarcazione di legno dovrebbe marcire rapidamente, per via di microbi e molluschi che si nutrono di legno. Ma l’Antartide è priva di alberi, il che significa che non ci sono organismi nelle acque circostanti.
Il team È come se fosse affondata ieri. È una cosa che si vede una volta nella vita, solo una volta. Incredibile.
Forse nuove specie viventi
Ma esseri viventi nei dintorni della Endurance ne sono stati trovati. E, a quanto pare, anche di nuove specie mai viste prima. Potrebbe essere stata scoperta, infatti, una specie completamente nuova. Uno zoologo della National University of Ireland Galway ha dichiarato al New York Times che la maggior parte del fondale marino nell’area è relativamente informe. La nave ha quindi fornito un nuovo ambiente capace di ospitare animali mai visti prima.

Katrin Linse, biologa marina del British Antarctic Survey, ha notato una creatura bianca appollaiata sull’oblò della nave. Potrebbe trattarsi di un crostaceo, nonostante l’Artico sia privo di decapodi (gamberetti, granchi e aragoste). L’animale – infine – è stato scoperto essere un aragosta di acque profonde.
Una specie diversa, ha dichiarato al Times Paula Rodríguez Flores, una ricercatrice del Museo di zoologia comparata dell’Università di Harvard. Secondo quanto affermato dagli esperti, il cambiamento climatico ha permesso all’aragosta di tornare nella zona, e sembra anche essere una creatura completamente nuova.