Giornata Mondiale della Natura Selvatica: il futuro è nelle foreste

Il 3 marzo istituita da 8 anni dall'ONU. Nel 2021 dedicata ai polmoni verdi del Pianeta: la rinaturazione rappresenta la giusta direzione per un mondo post-Covid, lotta alla crisi climatica e per generare vantaggi economico-sociali

Una diffusa azione di rinaturazione (ricostruzione e rigenerazione dei sistemi naturali che abbiamo distrutto) e la gestione sostenibile degli ecosistemi non solo rappresentano la giusta direzione per un mondo post-COVID, ma sono anche strumenti cruciali nella lotta alla crisi climatica, capaci di garantire notevoli vantaggi economici e creare nuove professionalità.

A mostrarlo il nuovo report WWF “Valore Natura”, realizzato all’interno della campagna ReNature Italy e lanciato per il 3 marzo, Giornata Mondiale della Natura Selvatica (World Wildlife Day) istituita dalle Nazioni Unite nel 2013 e quest’anno dedicata a foreste e mezzi di sostentamento per le persone e per il pianeta (“Forests and Livelihoods: Sustaining People and Planet”).

In 50 anni a livello globale abbiamo assistito al declino, in media, del 68% delle popolazioni di vertebrati (Living Planet Report 2020); un territorio grande come 20 volte la superficie della Francia è stato completamente degradato (OECD 2019); in Europa, l’81% degli habitat tutelati dall’omonima Direttiva si trova in uno stato di conservazione inadeguato (EEA 2020). E purtroppo – come avverte l’OMS – continuare a danneggiare la biodiversità potrà avere conseguenze negative sulla nostra salute, ancora più significative di quelle che già stiamo vivendo. Ma premere il tasto Rewind e ricostruire quello che abbiamo perduto in parte è ancora possibile.

Il WWF

WWF: I servizi essenziali garantiti dagli ecosistemi come foreste, praterie e zone umide includono la produzione di ossigeno e acqua potabile, la riduzione degli inquinanti in atmosfera, nelle acque e nei suoli, la disponibilità di materie prime naturali nonché medicinali e principi utili alla ricerca biomedica. Questi servizi hanno, poi, un ruolo centrale nella mitigazione del riscaldamento globale. Recenti ricerche dimostrano, infatti, come le cosiddette soluzioni basate sulla natura – tra cui il ripristino di foreste naturali, torbiere, mangrovieti e il recupero degli ecosistemi acquatici e marini –  contribuirebbero a più di un terzo degli sforzi necessari per mitigare il cambiamento climatico entro il 2030 e abbatterebbero le emissioni di CO2 totali di oltre 10 miliardi di tonnellate l’anno, l’equivalente delle emissioni attuali combinate di Stati Uniti e Unione Europea. Un contenimento che equivarrebbe alla chiusura di più di 2.800 centrali a carbone e che si affiancherebbe all’attuale servizio di assorbimento di carbonio fornito dagli ecosistemi intatti, che già assorbono più del 25% delle emissioni di gas serra provocate dall’uomo (TNC, 2020).

Rinaturazione

Investire in rinaturazione significa anche generare vantaggi economici e sociali non indifferenti. Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea), ogni anno i sistemi naturali del Pianeta forniscono benefici al genere umano (servizi ecosistemici) valutabili tra i 125 e i 140mila miliardi di dollari – una volta e mezzo il prodotto interno lordo globale – e alcuni studi di Nature4Climate – (iniziativa sostenuta da una coalizione che include UNEP, UNDP e WWF) affermano che per ogni dollaro speso in rinaturazione si prevede un ritorno economico di almeno 9 dollari (che in alcuni casi può arrivare anche a 30).

Rinaturando almeno 350 milioni di ettari di foreste entro il 2030 si potrebbe generare un beneficio economico netto pari a circa 170 miliardi di dollari l’anno (circa 140 miliardi di euro), considerando la protezione dei bacini idrici, l’incremento della produttività agricola, nonché i vantaggi in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici grazie al sequestro di oltre 5 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno. Solo negli Stati Uniti, la rinaturazione è un’industria da 9,5 miliardi di dollari che impiega 126.000 persone e genera indirettamente 15 miliardi di dollari e 95.000 ulteriori posti di lavoro. Nei Paesi in via di sviluppo, gli investimenti in restauro ambientale possono creare nuovi flussi di reddito, compreso l’utilizzo di legname raccolto in modo sostenibile e le entrate provenienti dal settore ecoturistico. Una ricerca sviluppata da The Global Commission On The Economy And Climate, poi, rileva che il ripristino del 12% dei terreni agricoli degradati potrebbe aumentare i redditi dei piccoli proprietari terrieri per un totale di 35-40 miliardi di dollari l’anno e sfamare oltre 200 milioni di persone ogni anno entro 15 anni.

Campagna ReNature

La campagna ReNature Italy del WWF, fra le numerose azioni, prevede interventi di rinaturazione nelle sue 100 Oasi e in particolare in un ampio tratto del fiume Po. Ripristinare i servizi ecosistemici garantiti da questo importante bacino, come la regolazione del ciclo idrologico, la depurazione delle acque e il trattamento di quelle reflue, il controllo dell’erosione, la formazione di corridoi ecologici, la fornitura di materiali come sabbia, ghiaia e argilla produrrebbe un valore economico contenuto in un range tra i 218 milioni e i 402 milioni di euro, senza contare i benefici per le attività turistiche e ricreative, il valore della biodiversità e il ruolo di corridoio ecologico del Po.

Le richieste WWF

In Europa, gli eventi atmosferici estremi causati dalla crisi climatica sono sempre più frequenti e generano una perdita economica di circa 12 miliardi di euro l’anno, ma l’attenzione alla transizione verde è testimoniata sia dall’Europan Green Deal sia dallo strumento Next Generation EU che permette di finanziare i Piani Nazionali per la Ripresa e la Resilienza. Implementare soluzioni basate sulla natura su scala più ampia contribuirebbe a raggiungere obiettivi del Green Deal, per questo il WWF chiede all’UE il ripristino di almeno il 15% delle aree sia terrestri sia marine, pari ad almeno 650.000 chilometri quadrati di terre emerse e almeno 1.000.000 di chilometri quadrati di superficie marina. All’interno di questo obiettivo, la Commissione deve anche impegnarsi a ripristinare il flusso libero su almeno 25.000 chilometri di fiumi mirando a restituire al 15% dei fiumi la loro continuità nel 2030, attraverso la rimozione delle barriere e il ripristino delle pianure alluvionali, e stabilire un obiettivo sulla rimozione di CO2 attraverso i serbatoi naturali del carbonio, come obiettivo separato da quello sulla riduzione delle emissioni dell’UE per il 2030.

L’Italia deve dimostrarsi all’altezza della sfida a cominciare dalla revisione alla proposta di PNRR che, così come richiesto a livello europeo, dovrà prevedere che almeno il 37% delle risorse stanziate vadano ad azioni per il clima e la biodiversità; Il governo, inoltre, dovrà superare i limiti dell’attuale impostazione del PNRR che non individua né risorse, né strumenti dedicati specificatamente alla riqualificazione e resilienza del nostro patrimonio naturale, per tutelare e valorizzare la nostra biodiversità (tra le più ricche d’Europa). Abbiamo bisogno di un Grande Piano per riqualificare la natura d’Italia, per tutelare le aree di maggior pregio naturalistico del nostro Paese, favorire la resilienza degli ecosistemi e le connessioni ecologiche. Un Piano che consenta di fermare e invertire la curva della perdita di biodiversità terrestre e marina e introduca, nel contempo, elementi di sostenibilità e di qualità in settori importanti per il rilancio dell’Italia, quali quello turistico, forestale, agricolo e della pesca.

Casi emblematici

Dalle paludi dell’Estonia alle foreste della Grecia esistono già alcuni esempi europei, dove attività di rinaturazione hanno portato una moltitudine di vantaggi per le comunità locali, la biodiversità e il clima. Grazie al progetto LIFE Mires Estonia sono stati selezionati 7.640 ettari per il ripristino di zone umide gravemente alterate da bonifiche per scopi agricoli, per attività di silvicoltura e per l’estrazione della torba. Mentre il restauro forestale del monte Parnete in Grecia- colpito gravemente dagli incendi nel 2007- è avvenuto anche grazie alla mobilitazione di migliaia di persone e ha permesso di rigenerare 1.374 ettari, e ha fatto tornare in vita questo scrigno di natura e simbolo per la comunità. Ma anche in Italia, progetti piccoli e grandi con il LIFE FORESTALL, nell’Oasi WWF di Valle Averto, nella Laguna di Venezia, stanno riportando alla vita habitat prioritari a beneficio della biodiversità e delle persone.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio