Il K2 resiste ancora

La seconda vetta del mondo resta involata anche questo inverno

Ormai sono quattro anni da quando è stato salito il Nanga Parbat in inverno e da allora l’ultimo a resistere è il K2. Che, ad oggi, è l’ultimo Ottmoila a non essere stato scalato nella stagione fredda. Tanti tentativi. Da allora quattro spedizioni hanno tentato la vetta, tutte senza successo. Andando indietro negli anni nel totale si sono registrati sette tentativi.

Gli italiani sono stati i primi ad arrivare in vetta al k2 nel 1954

 

Quest’anno è stata poca cosa. Anche con strascichi di polemiche. La spedizione internazionale ha lavoricchiato sulla montagna e poi si è spenta tra le polemiche, nonostante le tante aspettative alla vigilia. Denis Urubko aveva il permesso in tasca ma il Broad Peak e, soprattutto il meteo, ci si è messo di mezzo. I polacchi volevano riprovarci, ma hanno rinviato la spedizione al prossimo anno.

Sinora il punto più alto raggiunto è stato quello di Denis Urubko: insieme a Marcin Kaczkan e Piotr Morawski ha raggiunto 7.650 mt nel 2003 e da solo è salito a 7.600 mt nel 2018.

Le varie spedizioni

 

1987-88: polacchi, canadesi e britannici

La prima spedizione fu diretta dal polacco Andrzej Zawada nell’inverno 1987-1988. Quella squadra era formata da 23 scalatori di nazionalità polacca (tredici), canadese (sei) e britannica (quattro). Sono arrivati ​​nel mese di dicembre al campo base. Rimasero 80 giorni al cb, ci furono solo dieci giorni di bel tempo. Freddo, congelamenti e tende spazzate dal vento. Raggiunsero i 7.300 metri (C3).

2002-03: polacchi ed ex sovietici

La squadra era composta da 19 alpinisti, di nazionalità polacca (quindici), kazako (due), georgiano (uno) e uzbeko (uno), e si registarono diverse defezioni a metà spedizione. Raggiunsero campo 4 a 7.650 m. I venti non diedero tregua, si ritirarono dopo un attacco alla vetta a fine febbraio: Denis Urubko e Marcin Kaczkan scoprirono che C4 era distrutto e ridiscesero anche dopo che Kaczkan iniziò a mostrare sintomi di edema cerebrale.

2011-12: russi ed ex sovietici

Il terzo tentativo, nell’inverno 2011-2012, aveva la firma russa del suo leader Viktor Kozlov e di 16 membri. La squadra molto forte è progredita molto bene durante il primo mese e mezzo della spedizione. Il 31 gennaio, Iljas Tukhvatullin, Andrew Mariev e Vadim Popovich riuscirono ad attrezzare la via fino a 7.200 metri. Tuttavia, quello stesso giorno, il suo compagno Vitaly Gorelik fu colpito dal congelamento delle dita di entrambe le mani, in coincidenza con l’arrivo del maltempo. Le condizioni meteorologiche non consentirono la sua evacuazione, e lì morì. La spedizione fu annullata.

2014-15: autorizzazione annullata

Nel 2014, le aspettative erano alle stelle: Denis Urubko annunciò che sarebbe tornato al K2 in invernale con due colleghi esperti come Adam Bielecki e Alex Txikon. Tuttavia, pochi giorni dopo la sua partenza, le autorità cinesi negarono i permessi di ascensione e la spedizione fu annullata.

2017-18: polacco

Siamo all’inverno dopo la vetta del Nanga Parbat in invernale da parte di Alex Txikon, Ali Sadpara e Simone Moro. Tutti gli occhi erano puntati, quindi, sul K2. Ci provarono i polacchi, con alla guida Krzysztof Wielicki. La squadra era una grande squadra con Adam Bielecki e Denis Urubko ed altri otto alpinisti. Proprio Urubko e Bielecki furono impegnati nel salvataggio sul Nanga Parbat di Elisabeth Revol e Tomek Mackiewicz (quest’ultimo morto sulla montagna dopo aver raggiunto la vetta). Poi ci furono incidenti e Denis Urubko lanciò un attacco prima che terminasse l’inverno (il suo inverno). Raggiunse i 7.600 mt ma dovette arrendersi per l’arrivo anticipato di una tempesta. Successivamente, Urubko lasciò il campo base e pochi giorni dopo Krzysztof Wielicki annunciò la fine della spedizione.

2018-19: doppia spedizione russo-kazaka-kirghisa e ispanica-polacca-nepalese

La stagione invernale 2018-2019 è stata eccezionale sotto tutti gli aspetti. Era la prima volta che due spedizioni coincidevano con l’invernale sul K2. Al campo base arrivarono Vassili Pivtsov, Artem Braun, insieme ad altri cinque alpinisti russi (Roman Abildaev e Konstantin Shepelin, oltre a Braun), del Kazakistan (Dmitry Muraviov e Tursunali Aubakirov e Kirghizistan (Mikhail Danichkin). Due giorni dopo giunsero Alex Txikon e i suoi compagni Felix Criado (Spagna), Pawel Dunaj, Marek Klonowski (Polonia) e gli Sherpa Nuri, Chhepal, Geljen, Wallung e Pasang. A lavori iniziati arrivarono anche i kazaki Ildar Gabbasov, Akhat Smailov e Amaner Temirbayev, da un lato, e il polacco Waldemar Kowalewski, dall’altro; si unirono ai gruppi.

I due team non collaborarono tra loro. Nonostante entrambi salissero per lo Sperone degli Abruzzi. Due strategie opposte. Da un lato, la spedizione russo-kazaka-kirghisa applicava il tipico stile di spedizione con progressi lenti e molte uscite. Dall’altro, Txikon e il suo team in modo più veloce.

I russi raggiunsero circa 7.500 metri. Alex Txikon arrivò a poco più di 6.900 metri, impegnato nel salvataggio di Daniele Nardi e Tom Ballard sul Nanga Parbat.

2019-20: spedizione internazionale

E siamo a oggi. Anzia a ieri. Perché la spedizione è tornata a casa. Sono stati al campo base poco più di due settimane e se ne sono andati tra le polemiche.A guidare il team il nepalese Mingma Gyalje Sherpa a capo di un un gruppo internazionale formato anche dall’islandese islandese John Snorri, dal cinese Gao Li, dallo sloveno Tomaz Rotar, dal pakistano Sirbaz Khan e dagli Sherpa Tamting, Pasang Mangel e Kili Pemba. John Snorri e Tomaz Rotar hanno raggiunto i 6.600 mt, poi Mingma Gyalje Sherpa ha annunciato l’annullamento della spedizione. Sono andati via in elicottero.

fonte: desnivel

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