In Patagonia abbattimento di 100.000 castori. Ok di Onu e ambientalisti

La loro proliferazione sta mettendo a rischio l’ecosistema, la sopravvivenza delle foreste ed inondazioni

WASHINGTON  - AUGUST 29:  Two North American beavers check out a man-made beaver dam in the new beaver enclosure during a sneak peak of the new American Trail at the Smithsonian National Zoo August 29, 2012 in Washington, D.C.  There are three beavers in the enclosure, Chipper, Buzz and Willow, all born in June of 2000. The trail, featuring animals and horticulture native to the Americas, opens to the public on September 1.  (Photo by Allison Shelley/Getty Images)

Beh, 100.000 castori sono a rischio in Patagonia. Le autorità argentine e cilene, infatti, hanno dato il placet allo sterminio dei castori nella regione di Ushuia per salvare gli alberi pluricentenari.

Il piano ha l’autorizzazione anche dell’Onu e delle organizzazioni ambientaliste. Il motivo, a quanto pare, è necessario in quanto la formazione delle dighe naturali con gli alberi abbattuti realizzate dai castori sono causa di inondazioni. Insomma, una scelta obbligata. E alternative pare non ci siano. Inoltre i dati parlano chiaro: sinora hanno distrutto 400 km/q di foresta.

I castori non sono animali autoctoni di tale parte del Pianeta, furono introdotti nel ’46 dal Canada. Da allora è stata una crescita esponenziale ed incontrollata in quanto hanno avuto sinora vita facile per l’assenza di nemici naturali. Ad introdurli fu la Marina argentina che lasciò in libertà 25 coppie di castori portati dal Canada all’Isla Grande, l’isola principale dell’arcipelago della Terra del Fuoco, all’estremità meridionale dell’America del Sud. Lo fecero per arricchire l’ecosistema di quei luoghi e anche l’industria locale delle pellicce. Poi nel giro di 70 anni le coppie originarie di castori nella Terra del Fuoco si sono riprodotte molto velocemente in un ambiente, come detto, per loro privo di predatori naturali, come orsi e lupi, causando cambiamenti irreversibili nell’ecosistema.

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