Lagorai, Rifugio Tonini distrutto da incendio

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foto: lavocedelnordest.eu

Il rifugio Tonini, nella catena del Lagorai, in Trentino, è stato distrutto da un furioso incendio. Nessuna persona è rimasta ferita.
Difficile l’intervento dei vigili del fuoco a causa del forte vento che soffia in quota. Sul posto sono intervenuti anche due elicotteri della protezione civile. Il rogo, dai primi accertamenti, sembra sia partito da una stufa. Il rifugio, posto a quota 1.900 metri e che fa parte della rete della Società alpinistica tridentina (Sat), era stato aperto per la stagione invernale il giorno di Santo Stefano.

Il Gruppo del Lagorai è una vasta catena montuosa che si estende, da nord a sud, dalle Valli di Fassa – Fiemme alla Valsugana e, da ovest a est, dalle Valli di Cembra – Mocheni alla Val di Primiero – S. Martino di Castrozza. Si tratta di una catena costituita per lo più da porfidi e graniti, le cui cime più elevate non raggiungono i 3000 metri (2847 m – Cima d’Asta), ma si collocano mediamente intorno ai 2300/2400 metri.

La principale caratteristica del Lagorai, oltre alla vastità della superficie boschiva ed alla abbondante presenza d’acqua in superficie (si contano numerosissimi torrenti e circa un centinaio fra laghi e laghetti), è la scarsa antropizzazione, dovuta anche alla presenza di un’unica strada di attraversamento percorribile in auto (quella che porta al Passo del Manghen, aperta, per altro, solo nel periodo estivo), unitamente alla scarsità di rifugi posti in alta quota, compensata dalla abbondanza di malghe e casere: tutto ciò ne fa meta ideale per gli amanti dell’escursionismo “solitario”, un po’ avventuroso, lontano dalle folle che animano le pur bellissime Dolomiti. D’inverno poi, grazie alla presenza di un fitto reticolo di strade forestali, il Gruppo del Lagorai è certamente un’ottima palestra per chi si cimenta per la prima volta nelle ciaspole e non vuole affrontare pendii troppo ripidi e rischiosi.

LA ZONA DEL RIFUGIO SPRUGGIO – GIOVANNI TONINI

Il rifugio è ubicato nel Gruppo del Monte Croce che chiude l’alta Valle di Piné separandola da est dalle Valli di Cadino e Calamento. Tale gruppo, dal punto di vista geologico, costituisce l’estrema propaggine sud-occidentale della catena porfirica del Lagorai.
Dall’inizio alla fine del sentiero che conduce al rifugio si cammina sul “Porfido del Lagorai”, ossia su rocce appartenenti alla coltre ignimbritica superiore catterizzata da un contenuto in silice superiore rispetto a quelle sottostanti.

Alla base della grande parete sud del Monte Croce è presente una distesa di massi di frana. Dal rifugio si può osservare il versante settentrionale del Monte Rujoch che costituisce un bell’esempio di circo glaciale (nicchia ad anfiteatro scavata dai ghiacciai) la cui morfologia è stata parzialmente modificata dal detrito di falda. Ancora nel XVII secolo, quindi nel pieno dell’ultima espansione dei ghiacciai avvenuta fra il e il 1550 e el 1850 e denominata Piccola Età Glaciale, il Mariano accennava alla presenza di “nevi perpetue” sui monti di Fregasoga.

Sul fianco sinistro della Val Regnana G. B. Trener e C. Battisti hanno trovato dei residui di morena. Nel tronco meridiano della Valle di Piné altri vasti depositi morenici, poco rimaneggianti dalle acque dilavanti, ricoprono escavazioni fluviali risalenti a tempi prewürmiani; ciò contribuisce, assieme all’arrotondamento delle sommità di alcuni dossi e ad altre testimonianze, ad indicare che tale valle è di origine glaciale.

La lingia glaciale würmiana, nell’area corrispondente all’attuale Lago di Serraia, fluiva in direzione est-ovest. L’uniformità litologica della zona ci permette di notare con facilità l’azione erosiva dei vari torrenti che scorrono nel piccolo bacino imbrifero delimitato dal semicerchio di cime compreso fra il Monte Lemperperch e il Monte Cogne. I due corsi d’acqua principali sono il Rio Regnana, che forma la pittoresca cascata detta “del Lupo” alta una quarantina di metri, ed il Rio Brusago.

Questi due torrenti sono responsabili della “decapitazione” della Valle di Piné. Infatti, dopo il ritiro dei ghiacciai würmiani, la parte superiore di tale valle, da Bedollo in su, ha convogliato le sue acque nella Valle di Cembra anziché nel bacino idrografico del Fersina a causa dell’intensa azione regressiva esercitata dai due affluenti dell’Avisio. In seguito a tale fenomeno di “cattura” il bacino del Fersina si è ridotto di circa 35 chilometri quadrati.

Presso Stramaiolo, su un strato di arenaria tufacea intercalato tra i porfidi, è stata rinvenuta nel 1931 un’ impronta di Tridentinosaurus antiquus, un rettile di circa 25 centimetri contraddistinto da un collo lungo e sottile.

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