Isernia
Un passo importante per la pianificazione e l'attuazione di azioni di adattamento e contrasto ai fenomeni indotti dai mutamenti climatici, ma ora servono le risorse necessarie...
ll Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, con decreto n. 434 del 21 dicembre 2023, ha approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Un passo importante per la pianificazione e l’attuazione di azioni di adattamento e contrasto ai fenomeni indotti dai mutamenti climatici nel nostro Paese.
La finalità del Piano è contenere la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici agli impatti dei cambiamenti climatici e aumentarne la resilienza. Il PNACC Rappresenta lo strumento per la pianificazione nazionale a supporto delle istituzioni che saranno chiamate a sviluppare sulla propria scala di governo i contenuti del piano, tenendo conto delle specificità dei diversi contesti
Il piano è accompagnato da quattro allegati dedicati alle strategie regionali, a quelle locali, agli impatti e alla vulnerabilità, e alle azioni. La struttura del Piano è articolata in sei parti: il quadro giuridico di riferimento; il quadro climatico nazionale; impatti dei cambiamenti climatici in Italia e vulnerabilità settoriali; misure e azioni; finanziare l’adattamento ai cambiamenti climatici; governance dell’adattamento.
Il clima in Italia
I segnali del cambiamento climatico in Italia sono sempre più evidenti: il 2022 è stato l’anno più caldo dal 1961. L’analisi degli estremi mostra un aumento degli indici legati agli estremi di caldo e una riduzione di quelli rappresentativi degli estremi di freddo. Nel 2022 le precipitazioni sono state ben inferiori alla media climatologica, soprattutto durante l’inverno e la primavera nell’Italia centro-settentrionale, con anomalie precipitative superiori a -40% rispetto al periodo 1991-2020; diverse aree del Nord Italia hanno sperimentato condizioni di siccità severa ed estrema.
I tre scenari del Piano
Il Piano presenta alcune proiezioni su quello che potrebbe accadere in Italia dal 2036 al 2065 e delinea tre scenari possibili. In uno scenario a elevate emissioni (RCP 8.5) il Pnacc prevede, entro il 2100, concentrazioni atmosferiche di CO2 triplicate o quadruplicate (840-1120 ppm) rispetto ai livelli preindustriali (280 ppm).
- Lo scenario a elevate emissioni risulta caratterizzato dal verificarsi di un consumo intensivo di combustibili fossili e dalla mancata adozione di qualsiasi politica di mitigazione con un conseguente innalzamento della temperatura globale pari a +4-5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali atteso per la fine del secolo.
- In uno scenario intermedio (RCP 4.5), che assume la messa in atto di alcune iniziative per controllare le emissioni, sono considerati scenari di stabilizzazione: entro il 2070 le concentrazioni di CO2 scendono al di sotto dei livelli attuali (400 ppm) e la concentrazione atmosferica si stabilizza, entro la fine del secolo, a circa il doppio dei livelli preindustriali.
- In uno scenario di mitigazione aggressiva (RCP 2.6), invece, le emissioni sarebbero dimezzate entro il 2050.
Le misure
Il piano individua 361 misure da adottare su scala nazionale o regionale, finalizzate a ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici. Le misure riguardano un ampio ventaglio di tematiche: acquacoltura, agricoltura, energia, turismo, foreste, dissesto idrogeologico, desertificazione, ecosistemi acquatici e terrestri, zone costiere, industrie, insediamenti urbani, patrimonio culturale, risorse idriche, pesca, salute e trasporti.
Le misure sono differenziate in base all’entità degli interventi richiesti: le azioni “soft” non richiedono interventi strutturali e materiali diretti, le azioni “green” richiedono interventi materiali che intervengano solo sulle risorse naturali già a nostra disposizione, mentre le azioni “grey” prevedono sforzi infrastrutturali come la costruzione di nuovi impianti e infrastrutture. La grande maggioranza delle azioni – oltre 250 – è classificata come “soft”, nonostante gli ultimi mesi abbiano messo in evidenza l’estrema necessità di interventi di adattamento profondi.
MAGGIORI INFO
Le reazioni
Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente Finalmente dopo sei lunghi anni dalla prima bozza e dopo ben quattro governi, l’Italia ha approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, il PNACC, che raccoglie 361 azioni rivolte ai sistemi naturali, sociali ed economici. Si tratta della prima buona notizia con cui si apre questo 2024 e di un passo importante nella lotta alla crisi climatica che arriva dopo anni di ritardi e stalli. Era il lontano 2018 quando il Governo Gentiloni e l’allora ministro dell’ambiente Gianluca Galletti presentarono la prima bozza di Piano pubblicandola sul sito del ministero. Da allora si sono succeduti tre governi – il Conte 1, il Conte 2 e il Governo Draghi – e 2 ministri – Sergio Costa e Roberto Cingolani – ma nessuno ha mai adottato il documento in questione. Solo a fine 2022 è arrivato un primo segnale di svolta con la pubblicazione sul sito del MASE, guidato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin, della bozza aggiornata del Piano, seguita dalla fase di consultazione e dall’approvazione finale arrivata pochi giorni fa. Ora però ricordiamo al Ministro dell’ambiente e al Governo Meloni che per attuare il PNACC sarà fondamentale stanziare le risorse economiche necessarie e ad oggi ancora assenti, non previste neanche nell’ultima legge di bilancio, altrimenti il rischio è che il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici resti solo sulla carta. Sarà, inoltre, importante approvare un PNIEC, Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, con obiettivi più ambiziosi di produzione di energia rinnovabile e di riduzione di gas climalteranti al 2030; una legge sullo stop al consumo di suolo che ancora manca all’appello dopo oltre 11 anni dall’inizio del primo iter legislativo, semplificando anche la demolizione e la ricostruzione degli edifici esistenti ed entro tre mesi si emani il decreto che attiva l’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, con funzione di coordinamento tra i livelli di governo del territorio e dei vari settori.