Messner annulla spedizione Yeti per rischio attentato talebani

L’alpinista altoatesino era alla testa di una spedizione scientifica in Pakistan (dove si trova tuttora) alla ricerca della conferma di alcune teorie sulla origine dello Yeti, il misterioso Uomo delle nevi spesso al centro delle sue spedizioni. Messner è partito in sordina alla volta del Pakistan, però, ha dovuto sospendere la spedizione dopo che la notizia era trapelata sul alcuni giornali austriaci

yeti

 

Reinhold Messner alla testa di una spedizione scientifica alla ricerca della conferma di alcune teorie sulla origine dello Yeti, il misterioso Uomo delle nevi spesso al centro delle sue spedizioni. Messner è partito in sordina alla volta del Pakistan, però, ha dovuto sospendere la spedizione dopo che la notizia era trapelata sul alcuni giornali austriaci.
Troppo alto – ha detto Messner – il rischio che i talebani approfittino della spedizione per compiere uno spettacolare attacco. Messner si trova ancora in Pakistan. Per lui l’Uomo delle nevi altro non sarebbe che un incrocio tra un orso bianco ed un orso bruno. Questa teoria recentemente è stata confermata da un team di scienziati inglesi. Ora i ricercatori sotto la guida dell’altoatesino volevano rintracciare un esemplare vivente per narcotizzarlo, prelevare un campione di sangue e effettuare degli esami genetici. Interpellato dall’ANSA, Messner conferma di far parte di questa ricerca scientifica, ma tiene segreto il luogo dove si trova attualmente. L’altoatesino è infatti rimasto scioccato dal fatto che la notizia della sua presenza sull’Himalaya sia uscita sui giornali in Austria. “Adesso – spiega – tutto è stato annullato perché chi non doveva sapere della spedizione, evidentemente ne è venuto a conoscenza”. Messner, senza citarli, evidentemente fa riferimento ai talebani, che avrebbero saputo dell’impresa. Da sempre Messner si occupa di questa figura ‘mitologica’ rappresentata dall’uomo delle nevi. Una ventina di anni fa portò a casa da una spedizione alpinistica una zampa e un pezzo di pelliccia di un orso, che per lui rappresentano la conferma che lo Yeti in realtà non è nient’altro che un plantigrado.

 

“Si tratta ora – spiega Messner – di verificare quando sia avvenuto questo incrocio. Secondo alcune teorie è relativamente recente, ovvero 10-12 mila anni fa. Se fosse così, ciò permetterebbe delle conclusioni molto interessanti sugli spostamenti degli animali durante l’ultima era glaciale”.

 

LA RICERCA

I risultati indicano infatti che i peli che si riteneva potessero appartenere alla misteriosa creatura delle nevi appartengono in realtà al molto più familiare orso bruno himalayano, come si legge nello studio pubblicato sulla rivista Zookeys.

“Nel luglio 2014 Bryan Sykes e i suoi colleghi dell’università di Oxford – dice l’Ansa – avevano alimentato le fantasie di complottisti e amanti della leggenda dello Yeti sostenendo che, dopo aver analizzato 57 peli ‘sospetti’ inviati da tutto il mondo, due di questi campioni potessero appartenere ad una specie di orso sconosciuta, che combaciava col Dna di un orso polare preistorico ricavato da un fossile di 40.000 anni fa. Si immaginava, insomma, una sorta di ‘ibrido’ tra l’orso bruno e quello polare.
Le analisi condotte Gutierrez hanno però smontato questa teoria, dimostrando che è impossibile collegare con certezza le caratteristiche genetiche presenti nei campioni forniti da Syke a quelle dell’orso bruno e dell’orso polare. Potrebbero infatti appartenere a entrambe. Ma poiché l’orso bruno si trova nell’Himalaya, non c’è ragione, secondo Gutierrez, di credere che i campioni in questione appartengano ad una specie diversa dall’orso bruno himalayano”.

 

LEGGENDA E STORIA

Lo Yeti è una creatura leggendaria che fa parte della cultura e delle credenze popolari delle popolazioni locali dell’Himalaya, entrata ormai anche nell’immaginario collettivo della cultura mondiale.

Conosciuto anche come abominevole uomo delle nevi, termine originato da un’errata traduzione giornalistica dell’espressione in lingua nepalese Metoh Kangmi (letteralmente “uomo-orso delle nevi”), il termine Yeti deriva invece da yeh-teh che significa “Quella cosa là”, espressione tipica usata dagli sherpa per indicare la mitica creatura.

La figura dello Yeti dell’Himalaya sembra avere “parentele” simili sparse in tutto il mondo: nella regione caucasica e nella vasta fascia che va dal Pamir, attraverso l’Asia Centrale e la Mongolia, fino alla Siberia Orientale vivrebbe l’”Alma”; sulle montagne della Cina Centrale, in Indocina e in Malesia si nasconderebbe lo Xuèrén o “uomo selvatico”; negli altipiani della Russia il Chuchunaa; nel nord ovest americano, tra le Montagne Rocciose e il Pacifico, si dice vivrebbe il “Sasquatch” o “Bigfoot”.

 

RICERCHE

Ogni stato citato ha promosso proprie ricerche scientifiche per indagare e fare luce sull’effettiva presunta esistenza di queste creature. Ma dal primo presunto avvistamento effettuato dal Colonnello Britannico A.L. Waddell, nel 1889, ad una quota di 5.000 metri di altezza, alla frontiera tra Nepal, Tibet e Buthan, fino ad oggi sono state avvistate e fotografate solo impronte, con l’eccezione di scalpi e pellicce rinvenuti e conservati come reliquie da alcuni monaci, che si sono rivelati poi appartenere a specie animali note. Nel 1980 Meng Quingbao ha avvistato un migliaio di impronte di cui ha riportato alcuni calchi, addirittura della lunghezza di 46 cm, di forma e dimensioni dissimili da quelle della fauna circostante conosciuta, oltre ad alcuni peli. C’è chi sostiene che appartengano ad un antenato del Gigantopiteco, vissuto nel tardo Pliocene, ritenuto estinto, ma di cui potrebbero essere rimasti in vita alcuni esemplari isolati (d’altronde non sono poche in zoologia le cosiddette “specie Lazzaro”).

In base alle conoscenze zoologiche e antropologiche, sarebbe comunque impossibile, per una specie così antica e isolata, vivere in piccoli gruppi familiari in un ambiente di altissima quota dove è difficile trovare nutrimento e con l’isolamento che genererebbe una progenie malata nel DNA per riproduzione tra consanguinei. È opportuno inoltre ricordare come, fino ad oggi, non sia mai stato rinvenuto neppure un reperto osseo riconducibile direttamente alla leggendaria creatura.

 

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