Nanga Parbat, Daniele Nardi ancora nel mirino

Tamara Lunger rilascia una intervista ad una rivista polacca e racconta la querelle al campo base tra Txikon e Nardi…

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Fuoco incrociato su Daniele Nardi. Tamara Lunger ha rilasciato una intervista alla rivista sportiva polacca RMF24 e tra le altre cose parla delle diatribe quest’inverno al Nanga Parbat. E non si risparmia. Anzi. Ecco quanto dice. “Quando Daniele se ne andò tutto ha funzionato bene. Eravamo felici e ci rispettavamo. Alex ci ha invitato a unire le forze per avere più possibilità di successo, ma volevamo salire la via Messner, poi il seracco pericoloso ci ha indotto a passare sulla via Khinshofer. Txikon era il capo spedizione anche se Daniele ha sempre detto che erano al 50%, che non c’era un leader. Poi Simone e Alex si sono messi d’accordo sul permesso di usare le corde, Simone ha offerto denaro, ma Alex ha rifiutato perché erano amici”.

Non è tutto. “Daniele quest’anno non era mentalmente pronto. Mi disse: Tamara, non ho una motivazione sufficiente ed ho costantemente paura che la corda molli. È diverso che gli anni precedenti”. Aggiunge: “Non era in forma”. Stando sempre a quanto si legge su RMF24 Lunger dice ancora: “Daniele voleva distruggere questa squadra. Una volta che abbiamo deciso di salire insieme sono successe tante cose strane. Simone ha detto che non voleva salire con Daniele, non si fidava. Ci siamo allora divisi loro tre da una parte e noi due dall’altra, ma alla fine Alex e Ali hanno deciso di salire con noi, perché il loro unico problema era Daniele. A questo punto lui s’è né andato”.

Un po’ di cronistoria. Quando Nardi se n’è andò dal cb del Nanga (nei giorni precedenti inviò alcune note e post su Facebook dove diceva che con Txikon non vi erano problemi grossi e che erano risolvibili, poi decise che non era fattibile e se ne scese a valle) Txikon, come un fulmine a ciel sereno, lo attaccò sul piano economico dicendo che l’italiano non aveva tenuto fede ai suoi impegni e se ne era andato senza pagare il dovuto. Inviò persino una nota all’Ambasciata italiana e al Club Alpino pakistano. Nardi, intanto, si diceva esterrefatto per la piega che aveva preso la vicenda e per l’averla portata sul piano economico. Diceva che tali cose non facevano bene all’alpinismo. In quegli stessi giorni scoprimmo che Ali sapdara era uno stipendiato e non un alpinista del gruppo e in un video il pakistano rivendicava oltretutto anche i soldi della spedizione dello scorso anno. Da Nardi, silenzio. Silenzio a tutt’oggi. Certamente parlare adesso, le sue dichiarazioni prenderebbero anche un’altra piega: è come se fosse mosso, oltre che dalla volontà di fare chiarezza, anche da invidia o chissà cos’altro considerato come son andate le cose e cioè la conquista del penultimo Ottomila in invernale. Lì doveva esserci anche lui, lui che su quella montagna ha trascorso più inverni. Quindi, probabilmente, Nardi ha preferito attendere tempi migliori e “sentieri” migliori. E, nonostante il suo attuale silenzio, se ne continua a parlare; figuriamoci se fosse stato al “gioco”… per dirne un’altra: dagli altri, vedi Mackiewicz e Weidlich, ne abbiamo sentite dopo la conquista della vetta, da Nardi nemmeno una parola fuori posto… e nonostante ciò continua ad essere nel centro del mirino! E poi un pezzettino di gloria dovrebbe essere anche sua, considerato che sulla Kinshofer ha sudato anche lui, ha attrezzato anche lui la via rischiando pure di lasciarci la pelle!

Nemmeno una parola di tutto ciò anche nel film appena uscito sulle sue spedizioni al Nanga Parbat “Verso l’Ignoto”. Un docu-film che racconta i suoi inverni in montagna, la Kinshofer, lo sperone Mummery, Revol e Mackiewicx, Roberto Delle Monache. Ma della spedizione 2016 nemmeno una parola. Almeno sinora, forse dovrà essere montato il materiale di quest’anno e lo vedremo nella sua interezza più in là.

O forse quest’altro affondo diretto da parte di Lunger gli farà cambiare idea?

 

Il Direttore

 

Un Commento

  1. La Lunger dovrebbe stare zitta innanzitutto: cominci ad attrezzare una via dal CB e arrivare in cima; invece in cima al Nanga in Inverno ci è arrivato il pakistano, uno stipendiato che ha fatto quasi tutto il lavoro; comodo salire sulle corde piazzate da altri

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