Nanga Parbat, la lezione di David Göttler e Benjamin Védrines

I due alpinisti sulla parete Rupal in stile alpino erano a 600 metri dalla vetta quando il tedesco inizia a non sentirsi bene e decide di non proseguire, il compagno di cordata, in ottime condizioni e con meteo favorevole, non lo lascia solo e scende insieme a lui

Gottler Allora, avrete capito che non siamo arrivati in vetta al Nanga Parbat. Bene, ecco perché: non per maltempo, né per cattive condizioni. Ci siamo voltati perché ho avuto una brutta giornata. Ecco fatto. Non stavo bene per un giorno di vetta come quello. Benjamin stava andando forte, e probabilmente avrebbe potuto fare tutto il lavoro per portarci entrambi al vertice, ma poi? La discesa non è dritta verso il basso. Niente corde fisse ovviamente, dato che eravamo saliti con appena 60m di corda. Non c’era nessuna pista e nessun altro scalatore sul percorso: solo io e Ben. Questo è il bello di scalare un percorso come questo con uno stile così. La sua bellezza e la sua crudeltà. Avere una brutta giornata significa non arrivare in cima.
Come disse una volta il mio grande amico Ueli Steck: “Non essere epico”. Ho pensato alle sue parole. Sapevo che se avessimo continuato avrei scatenato questo. Così ci siamo voltati. Grazie Ben per essere tutto ciò che si può desiderare in un compagno di arrampicata.

David Göttler e Benjamin Védrines stavano tentando la vetta del Nanga Parbat dalla parete Rupal in stile alpino. Il tedesco ci aveva già provato lo scorso inverno con Hervé Barmasse. Massima quota raggiunta: 6.200 metri, si ritirarono a causa del maltempo.

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David Goettler e Benjamin Vedrines descrivono il loro recente tentativo un quasi successo.

Una lezione di cordata

Benjamin Vendrines ha spiegato, dal canto suo, che il tempo e le condizioni erano buone quando hanno lanciato la loro spinta alla vetta. Lui si sentiva bene, una decisione difficile la sua: erano a soli 600 metri dalla cima.
Difficile, e da lodare, anche la scelta del tedesco; che comprende il suo corpo, stoppa l’adrenalina e il desiderio irrazionale di continuare a salire, e pensa giusto, pensa che la montagna è lì e non si sposterà. Nonostante non fosse il suo primo tentativo.
Il francese, invece, è davanti a un dilemma diverso: continuare da solo, la vetta è vicina e abbandonare il compagno in discesa o far valere il legame di cordata?
Decide di scendere anche lui, anche se più in basso, ci ripensa e considera di tentare in solitaria il giorno seguente ma poi decide nuovamente di non lasciare il suo compagno…

Vedrines Ci voltiamo. In questo momento il mio cuore si raffredda come la temperatura qui a 7500m. Ogni speranza si sgretola. Stiamo procedendo bene, anche se David si sente debole da quando ha lasciato il bivacco. Me l’aveva detto. Io sono determinato, in buona forma. Gli dico che posso continuare a guidare verso l’alto. Siamo dalla parte Diamir quando nasce questa discussione, a 600 metri dall’obiettivo. Fino ad allora i dubbi erano pochi. Le condizioni sono buone. Con le nostre ciaspole evitiamo di affondare fino ai fianchi.
Possiamo immaginare di raggiungere gli 8126m in stile alpino. Un sogno. È uno sforzo così prezioso arrivarci, quando tutti gli elementi si allineano.
David analizza la sua forma fisica e conclude che è troppo debole per continuare. Conosce bene se stesso. Mi coglie un lungo momento di impotenza. Perché oggi? Mi sento attratto verso l’alto ma bloccato. Il mio cuore su, ragione giù. Siamo in due, in cordata insieme, in stile leggero. Uniti e dipendenti, per un destino comune. È in questi momenti che il legame della corda a volte è tanto crudele quanto denso di significato. Questo significato che invita alla compassione, alla condivisione del dolore, al sacrificio dell’ego per un’unità affiatata, nel bene e nel male.
Tornato a 7100, i miei impulsi solitari mi fanno immaginare una salita in solitaria il giorno successivo. Ne parlo con David. È pronto a continuare la discesa senza di me. Cosa fare? L’opportunità c’è, mi sento in grado di farlo. Ma il senso di colpa mi attanaglia, non potevo immaginare di lasciare a lungo il mio compagno da solo. Mi rifiuto di assecondare il mio egoismo interiore.
L’avventura è anche questo, lo stile alpino è anche questo.
Non posso nascondere il mio dolore né incolpare il mio amico David Goettler. Posso osservare all’ombra del Nanga, le mie contraddizioni, i miei difetti, la mia passione così come tutte le emozioni provate in questa impegnativa parete Sud del versante Rupal, che ha scosso in modo indelebile i miei valori di alpinista.

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