Orso marsicano ucciso da fucilata, assolto imputato

orso

Il ‘fatto non costituisce reato’: con questa formula il giudice del Tribunale di Sulmona, Marco Billi, ha assolto Antonio Centofanti, 65 anni, rinviato a giudizio per avere ucciso a colpi di fucile – per sua stessa ammissione – un orso marsicano, ritrovato morto su una pista ciclabile a Pettorano sul Gizio, nell’Aquilano, nel settembre 2014. Il pubblico ministero, Tiziana Pinterpe, aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato. Accogliendo la tesi della difesa e la richiesta del Pm il giudice Billi ha pronunciato sentenza di assoluzione, ritenendo che il colpo mortale esploso contro l’orso sia partito accidentalmente dal fucile dell’imputato, mentre lo stesso stava cadendo a terra dopo essersi ferito a una gamba. Tanto è vero che la mattina dopo Antonio Centofanti fu medicato per quella caduta dai medici del pronto soccorso dell’ospedale di Sulmona.

Sulla sentenza è intervenuto anche il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise:

Il Tribunale di Sulmona ha assolto Antonio Centofanti, imputato nel processo penale per l’uccisione di un orso marsicano nel settembre dell’anno 2014 a Pettorano Sul Gizio. Accogliendo la tesi della difesa e la richiesta di assoluzione del Pm, il giudice ha pronunciato la sentenza di assoluzione dell’imputato dando credito a quella che fu la sua prima versione nelle dichiarazioni rese spontaneamente agli inquirenti, vale a dire che non aveva alcuna intenzione di uccidere l’orso e che il colpo partì per una sfortunata fatalità determinata dalla sua caduta.
Le sentenze vanno rispettate e sicuramente non è nostra intenzione derogare da questa regola.
Il Parco, che si è costituito parte civile nel processo, valuterà le motivazioni della sentenza e deciderà se ricorrono i presupposti per proporre appello.
Tuttavia, riteniamo utile e necessario fare alcune considerazioni.
Il messaggio che può venir fuori dalla Sentenza è molto pericoloso per la conservazione dell’orso marsicano.
C’è un evidente rischio di compiere la generalizzazione secondo la quale uccidere un orso non è un reato.
Ancora, c’è il pericolo che possa emergere e diffondersi l’idea che la risposta più naturale ad un orso che si avvicina ad un’abitazione sia quella di sparargli.
Questo sarebbe devastante, perché noi ci troveremo sempre più a fare i conti con animali che si avvicinano alle aree antropizzate e dobbiamo imparare a conviverci, non a risolvere il problema con l’eliminazione del presunto intruso. La conservazione dell’orso marsicano, come abbiamo più volte sostenuto, presuppone che gli orsi possano ricolonizzare nuovi territori anche fuori da parchi e aree protette e non possiamo sicuramente legittimare l’atteggiamento di chi ritiene che “gli orsi debbano stare a casa loro”, cioè nel ristretto territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Convivere con gli orsi si può e la stessa comunità di Pettorano, con le azioni di prevenzione e informazione messe in campo dopo l’uccisione dell’orso, ha dimostrato che è possibile.
Infine, non possiamo esprimere un certo sconcerto per le modalità con le quali è stato condotto tutto il procedimento dalla Procura di Sulmona. Ci sono voluti più di 3 anni per arrivare a processo, per concludere il dibattimento con la richiesta di assoluzione. Davvero difficile da capire!
Per evitare spiacevoli conseguenze, visto che diversi orsi frequentano le aree antropizzate, sarebbe il caso che non solo il Parco, ma anche la Procura, ribadisse che uccidere un orso è reato.

fonte: ansa/pnalm

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