Simone Moro e Tamara Lunger nella Valle dell’Everest

L’alpinista rimarca il fatto, come riportato da alcuni organi di stampa in Italia, che non sono stati soccorsi dall’elicottero dal CB Manaslu ma è stata una decisione precauzionale. Ora ad acclimatarsi tra Dingboche e forse Chhukung e poi in primavera di nuovo Manaslu

moro lunger kt

 

“Decisione presa!”. Stamattina Simone Moro e Tamara Lunger si dirigeranno verso la valle dell’Everest. “Andremo fino a Dingboche 4400 m e da lì forse a Chhukung, che è a 4715 mt, in pratica come il CB del Manaslu. Rimarremo lì ad allenarci e acclimatarci fino a fine mese, prima di tornare al Manaslu per il nostro obiettivo di concatenare la vetta con il Pinnacolo Est”.

Moro, ieri, sul suo sito web entra nei dettagli di cosa è accaduto in questi giorni da quelle parti. “Desidero spiegare bene cosa è successo e sta succedendo.

In Nepal è vero le cose stanno andando in maniera anomala. Sei metri di neve al campo base in pochi giorni di nevicate continue, un elicottero che affitto (non richiedo soccorso, ma prenoto un charter flight, è diverso) che ha difficoltà ad arrivare al campo base e poi resta bloccato perché riprende a nevicare e per ridecollare deve attendere fin quasi al tramonto.

 

E a Kathmandu non va meglio: un Airbus della Turkish airlines va fuori pista e si arena di traverso nel prato senza carrello e una porzione d’ala rimane ad invadere la pista d’atterraggio, provocando il blocco del traffico aereo per giorni. Ora ci sono quasi 30.000 passeggeri bloccati e impossibilitati a partire o/e arrivare nella capitale nepalese.

 

Il problema della neve ha colpito anche il Karakorum e l’Afghanistan, dove ci sono state parecchie vittime. E’ chiaro, almeno spero, che 6 metri di neve e un aereo di traverso e posato al suolo non sono cose prevedibili o provocabili per fare audience o, peggio, marketing. Sono fattori eccezionali che vanno presi come tali. Ebbene, Tamara e io siamo stati vittime involontarie di disagi provocati da questi fattori eccezionali e abbiamo avuto anche la fortuna di vivere l’evacuazione in elicottero dal campo base, con l’emozione che maltempo e scarsa visibilità hanno giustamente amplificato.

L’elicottero che è venuto al campo base non è venuto su richiesta di soccorso, ma su richiesta di poter usufruire di tale mezzo che già aveva programmato un volo charter nel villaggio a 5 minuti di volo da noi. Non ho infatti mobilitato l’assicurazione ed i meccanismi di copertura previsti in caso di soccorso, ma ho pagato regolarmente quel volo con la tariffa ordinaria per due persone.

 

Io e Tamara, con i nostri due collaboratori nepalesi del team di campo base, avevamo viveri e gas per oltre 2 mesi e dunque potevamo tranquillamente resistere a lungo a 4700 metri del campo base. L’evacuazione è stata precauzionale, per evitare che le prevedibili valanghe che sarebbero cadute spontanee e che stanno infatti scendendo, minacciassero la sicurezza del campo base  e impedissero di fatto a noi di muoverci per le prossime 2-3 settimane.

Per questo e solo per questo, ossia per motivi di sicurezza, abbiamo deciso di andarcene dal campo base, dato che passavamo la giornata a spalare e non potevamo muoverci se non dalla tenda cucina a quella in cui dormivamo. Abbiamo voluto insomma evitare di aspettare che la situazione divenisse ingestibile o troppo pericolosa, come probabilmente lo sarebbe ora che il sole è arrivato e che le valanghe di dimensioni gigantesche cominciano a scendere ovunque.

 Ora stiamo decidendo come impiegare le tre settimane preventivate di attesa dell’arrivo della primavera e della trasformazione/scioglimento parziale di tutta quella neve.

L’idea iniziale era quella di mantenere forma e acclimatamento scalando nella valle dell’Everest, che però è anch’essa ricoperta di abbondante neve.

 Lasciare il Paese è al momento impossibile a causa della chiusura dell’unico aeroporto internazionale. Domani penso che prenderemo la decisione su come e dove impiegare questo tempo, perché la decisione di CONTINUARE la spedizione è già presa e questo deve essere chiaro.

 

 In Italia, sui giornali o in televisione c’è chi ci ha dati per salvati per le orecchie o scampati alla morte (Mount Live non ha riportato tale versione, ndr). Sarebbe stato invece molto più bello e corretto dire che al Manaslu due italiani hanno preso una decisione saggia, giocando d’anticipo e pagando di tasca loro, per lasciare il campo base prima che di correre il rischio di cacciarsi nei guai. Buon senso invece di incoscienza, dovrebbe essere il messaggio.  Non la frittatona del salvataggio.

E’ vero che a guardare le immagini che io mettevo online si capiva che la situazione era seria e andava gestita, ma non abbiamo mai gridato aiuto o pianto. Personalmente, io ho detto che ogni giorno aumentava lo stress per una situazione difficile e, prima che divenisse pericolosa oltre misura, ho tolto me e tutto il mio team dai guai. Il pilota e amico/collega Steven lo conosco da 4 anni.  Ci sentivamo tutti i giorni e ha sicuramente fatto un ottimo lavoro.

 Con questo scritto voglio dunque tranquillizzare tutti, rassereranare gli animi, dirvi che la spedizione è solo in Standby e che ritorneremo al Manaslu tra poche settimane, usando la stessa precauzione e lo stesso buon senso utilizzati per allontanarsi da una montagna che, per eventi e stagione eccezionali, è divenuta  un po’ troppo pericolosa”.

La natura comanda, l’uomo si adegua, anche in Himalaya, indipendentemente da chi si è e cosa si voglia fare.

 

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