Torre Egger, Ermanno Salvaterra e compagni a dura prova

Ermanno Salvaterra da un mesetto è in Patagonia. Il 67 anni è tornato lì dove ha realizzato molte salite, dove ha aperto cinque nuove vie sul Cerro Torre. Oltre alla prima invernale.

Obiettivo: parete ovest della Torre Egger (2.685 mt), quinto tentativo. Con lui Roberto Pedrotti, Fabrizio Rossi e l’argentino Marquiño Scallabrine. Sono partiti lo scorso 13 ottobre.

Prima di partire…

Ermanno Salvaterra Il nostro è un obiettivo molto ambizioso: una nuova via sulla parete ovest della Torre Egger. L’idea in effetti era stata di alcuni forti alpinisti-amici che avevano fatto il loro tentativo nel lontano 1996. Erano Andrea Sarchi, Lorenzo Nadali e Pierino Dal Prà a provarci e senza compromessi: “Si deve passare per il cuore della parete”. Ma dopo pochi tiri di corda rinunciarono.
Diverse volte era il Sarchi che aveva voglia di tornare lì. Diverse volte chiese a me di seguirlo e io ho sempre rinunciato per altri progetti. Poi, nel 2011 lo chiamai… Era entusiasta ma dopo un certo periodo mi disse no. Non se la sentiva di tornare in “quei posti”. Non era più disposto a quelle “strapaciade” (sfacchinate…). Io però, ormai, me l’ero messa in testa. Avevo già effettuato un tentativo a sinistra di questa incredibile parete con Adriano Cavallaro ma poi avevamo rinunciato. Ma ora avevo in testa quella linea, in centro alla parete ovest della Torre Egger.
Nel 2012 eravamo in partenza, ma una tragedia alpina mi indusse a rinunciare pochi giorni prima di partire. E così eccomi nel 2013 a partire coi giovani e forti Tomas Franchini, Paolo Grisa e Francesco Salvaterra. Finalmente eravamo in parete e salimmo abbastanza ma il mal tempo, dopo 11 giorni nelle nostre porta-ledge, ci indusse a rinunciare.
2014 – Un altro anno passa e siamo di nuovo quaggiù. Il quarto uomo quest’anno è Nicola Binelli. Siamo appena all’inizio e delle scariche ci inducono a rinunciare ancora. Dopo essere tornati alla base il tempo sembra bello e quindi andiamo a salire la via dei Ragni al Cerro Torre. Così qualcosa a casa portiamo.
2016 – Ancora là. Con me Nicola Castagna e Riccardo Re. Ricordo fantastico dei miei soci. Alla partenza eravamo in 4 ma poi uno ha rinunciato. Stiamo alcuni giorni in parete e il giorno in cui stiamo “traslocando” più in alto una grossa scarica che passa vicino a noi ci fa pensare… Altra rinuncia. Ero convinto che sarebbe stata l’ultima volta, invece…
Il 2017 è un anno da dimenticare. Ad aprile, stupidamente, faccio un volo di oltre 6 metri. Qualcuno dirà… mica tanto! Però quei 6 metri sono stati fino a terra da un albero. Una vertebra e scapola rotte. Elicottero e inizio di un lungo periodo di stop.
Ma il vecchio èrman si riprende bene e… bisogna trovare i compagni per tornare alla Egger. La cosa non è molto facile. Passo in rassegna diversi nomi tosti dell’alpinismo ma per un motivo o per un altro mi ritrovo solo. Chiedo anche a donne ma niente. Per diversi motivi anche loro mi dicono no.
2018 – Poi mi si riempie il cuore di gioia quando Alessandro Beltrami mi dice sì. Pure Mirko Povinelli e Giorgio Roat alla sua prima spedizione con entusiasmo si aggregano a noi. I miei compagni sono fortissimi e rinunceremo a circa 200 metri dalla cima. Quindi ennesima rinuncia!
… e la vita continua!
Ormai posso dire che è qualche anno che ho in testa questo progetto. Quest’anno saremo in 4: Roberto Pedrotti, già mio magnifico socio qualche anno fa, Fabrizio Rossi e l’argentino Marquiño Scallabrine.

A dura prova

Il team non sta avendo vita facile in questa spedizione. Hanno trascorso un intero mese solo per avvicinarsi alla montagna, spostando i carichi in avanti. Il massiccio del Cerro Torre si trova a 40 km dalla civiltà. Qui gli elicotteri non sono un’opzione.
Poi ci si è messa di mezzo una frana che ha seppellito uno dei carichi e la squadra ha perso così gran parte del cibo e dei pannelli solari. Fabrizio Rossi e Marquino Scallabrine sono dovuti rientrare a El Chaltén per fare provviste extra.

Il ghiacciaio ai piedi della vetta, dicono, è “terribile” per i suoi numerosi crepacci. Ci vogliono almeno due ore tese per attraversarlo in cordata.

 

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Al campo base

La settimana scorsa il gruppo è finalmente arrivato al campo base. E Salvaterra ha individuato un percorso diagonale più sicuro. Ma il vento si è messo contro. Una primo giro lo hanno fatto comunque.

Salvaterra È stata una giornata bestiale, è meglio non entrare nei dettagli. Spesso ci fermavamo e puntavamo i bastoncini davanti a noi, cercando di non cadere sul ghiaccio e farci travolgere dal vento contrario. La bufera infuria, ma non ci arrendiamo, almeno per il momento.

Il team è ora riuscito a sistemare i primi tiri e a raggiungere il primo punto dove allestiranno i loro portaledge. Durante la salita hanno avuto un incontro ravvicinato con la caduta di ghiaccio. È andata bene!

Aggiornamenti

Salvaterra sta inviando brevi aggiornamenti ad Ande.it, nonostante la scarsa copertura sul loro telefono satellitare.

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