Ueli Steck lascia in tutti noi un vuoto incolmabile

La tragica morta dello svizzero Ueli Steck ha lasciato sgomenti tutto il mondo alpinistico. Tutti gli lasciano un ricordo, anche tramite i social. Ve ne proponiamo alcuni, soprattutto di quelli impegnati in Nepal che hanno visto Steck negli ultimi giorni.

Mario Vielmo

steck vielmo

Oggi mentre stavamo scendendo dall’Ice Fall uno Sherpa mi si avvicina e mi racconta di un strano incidente sul Nuptse “Un alpinista è volato giù”. Al base abbiamo la conferma. È precipitato Ueli Steck.
La triste notizia ci sconvolge tutti, questa sera la nebbia avvolge il campo attorniato da un silenzio surreale. La montagna piange, il mondo dell’alpinismo è in lutto..Se ne è andato un degli alpinisti più forti del mondo. Un alpinista che stimavo tantissimo, che stranamente avevo conosciuto solamente due giorni fa sull’ice fall , mentre saliva di corsa in allenamento. L’ abbiamo fermato per complimentarci e per due scatti con il mito dell’alpinismo. Ciao Ueli ….continua a stupirci e a scalare sempre più veloce in paradiso.

Daniele Nardi

Mi ci sono voluti due giorni per capire veramente, fino in fondo.
Stavo scalando quando l’ho saputo e volevo scendere. Ma dalle montagne non basta uno schiocco di dita per farlo.
Poi il silenzio.
La speranza di aver letto male la notizia, ma non è stato cosi.
Tante parole, pensieri e riflessioni fatte nei bivacchi per capire perché amiamo l’alpinismo ….mi passano per la testa….
Addio Ueli e grazie di cuore per aver reso l’alpinismo uno sport migliore.
Lasci un vuoto difficile da colmare.

Simone Moro

moro steck

Avevo appena messo piede al campo base del Kangchenjunga, dopo due notti passate sulla montagna per l’acclimamento e la preparazione.
Era una bella giornata, stavo bene, avevo voglia di assaporare una bibita gasata fresca, una di quelle che avevo fatto portare fino a 5550 metri.
E invece di una bibita fresca, mi aspettava una doccia, gelida.
“Ueli è morto pochi minuti fa, è caduto dal Nuptse mentre si allenava. Penso sia giusto tu lo sappia. Mi dispiace molto.”
Arjun, un giovane ragazzo indiano innamorato degli ottomila e presente al campo base mi diede la tragica notizia.
Ho perso tanti, tantissimi amici in montagna, dall’Himalaya alle Ande alle Alpi. Non è né un prezzo da pagare né un tributo, o un sacrificio da dover sopportare per chi ama la verticalità. E’ semplicemente ciò che capita a chi decide di vivere anziché sopravvivere, a chi si circonda di persone intensamente vive, spendendo e ricercando ogni singolo secondo di vita, amando l’azione e i sentimenti che sbocciano rigogliosi da ogni istante di questa pienezza.
Non c’è una morte nobile e una misera, ma c’è una vita vissuta da protagonisti e una agli ordini altrui o delle proprie paure. Ueli non cercava consensi o comprensione, cercava solo di fare le cose bene, secondo le sue aspirazioni e motivazioni.
Aveva il “difetto” di essere dannatamente avanti, forse troppo avanti ,e per questo pochi dei suoi colleghi anziché levarsi il cappello ammutoliti, preferivano sollevare sospetti, dubbi.
Io lo conoscevo da tempo, ci frequentavamo silenziosamente, in incontri a volte limitati a un caffè e qualche ora di chiacchiera al tavolo di casa mia, mentre altre volte aggiungevamo una corsa di qualche ora e allenamenti, in occasione delle sue regolari visite a uno sponsor italiano che lo facevano passare per Bergamo.
Abbiamo provato anche a fare una spedizione assieme e pianificare la nostra attività in cordata. Ma la realtà e il destino vollero che tutto finisse distrutto in un linciaggio ad alta quota, sull’Everest, con alcuni giovani sherpa evasi inspiegabilmente dal loro antico e pacifico modo di intendere la vita e reagire alla quotidianità.
Ora si apriranno le danze, in parte anche comprensibili, delle commemorazioni, dei ricordi, delle beatificazioni, delle incredibili salite e gesta di Ueli Steck.
Da morto, chissà perché, tutti vogliono beatificarti, dirti che eri davvero bravo. Io ho sempre amato esternare il mio apprezzamento da vivo ai vivi. Ricevere una stretta di mano e un grazie da molto più senso ai rapporti umani.
Lui era un campione, nello sport e nella vita. E la fortuna di aver vissuto con lui dei pezzi della sua esistenza e della sua progettualità, lo considero il tesoro che la vita mi ha regalato e che ora voglio silenziosamente custodire, come il dolore di averlo momentaneamente perso.
Ciao Ueli, ci vediamo prima o poi, sicuro!

David Goettler

steck goettler

Foto postata da Goettler su Facebook: Steck lo scorso anno sullo Shisha Pangma

Ieri ho ricevuto la notizia che ho perso un buon amico. Un amico con cui ero in questo stesso posto un anno fa, con lo stesso sogno che ho adesso.
Ho pianto e i miei pensieri vagano per tutti i momenti che abbiamo condiviso insieme negli ultimi due anni. Avevamo tanti progetti per il futuro.
Ora mi manchi così tanto amico mio.
Sono grata che potrei condividere il tuo percorso per un breve periodo di tempo e di imparare tanto da te!
Potrai seguirci qui, ora. Su ogni passo ci concentreremo su quello che hai vissuto e quello che hai amato; allo stesso modo in cui ci piace.
Arrivederci amico mio! Foto: ueli fino la parete sud del shisha pangma l’anno scorso.

Hervé Barmasse

steck barmasse

La voce di David si fa rotta per colpa di un pianto improvviso. Mi chiama, farfuglia qualcosa che non capisco. Corro verso la sua tenda. I suoi occhi sono bagnati di lacrime, il viso rosso. Inizia a parlarmi lento, quasi come se ciò che sta per dirmi volesse trattenerlo ancora un attimo nel suo cuore. “Hervé… Ueli è morto”.
I pensieri si aggrovigliano, il vuoto pervade, perdo l’equilibrio. Le parole di David lasciano cadere un peso enorme nello stomaco mentre il mio cuore si fa duro cercando di sopportare un terremoto di emozioni che da lì a poco mi porteranno al pianto di un amico che ora non c’è più. Che non rivedrò più.
E pensare che solo pochi giorni fa, in quella pasticceria di Lukla che ci piaceva tanto, eravamo tutti e tre a ridere e scherzare, a parlare di alpinismo, delle sue contraddizioni e dei suoi valori. Progettavamo e pianificavamo altri allenamenti come quello di febbraio, altre scalate, e mi avevi appena invitato a casa tua per imparare ad andare in parapendio. Tu eri l’uomo dei record, io l’alpinista che vedeva nella velocità una qualità, non il fine di una scalata. Ma i punti in comune sui quali ci trovavamo d’accordo erano davvero tanti, soprattutto sull’alpinismo solitario, e la mia stima nei tuoi confronti, come la mia amicizia, mi avevano fatto apprezzare di te l’uomo oltreché l’alpinista. Come scalatore nessuno poteva metterti in discussione, e chi lo faceva, era perché non aveva mai avuto la fortuna di condividere una giornata in montagna con te, Swiss Machine.
Ho imparato molte cose nel periodo trascorso assieme, grazie di cuore Ueli.
L’alpinismo perde un riferimento importante, ma abbiamo una strada da seguire che porta il tuo nome, fatta dal tuo talento, dalla tua forza, dai tuoi sogni.

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