Abbandono della montagna, boom delle foreste in Italia

I dati sono dell’Annuario dell’agricoltura italiana ad opera di Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) uscito a metà febbraio con dati riferiti all’anno 2014. All’aumento della superficie forestale non ha fatto seguito un incremento degli investimenti sul territorio

foresta

 

Secondo l’Annuario dell’agricoltura italiana ad opera di Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) uscito a metà febbraio con dati riferiti all’anno 2014 la superficie forestale nazionale rileva il progressivo aumento dell’area boscata italiana. E nemmeno di poco conto. Nel 2014 essa è pari a 10.987.805 ettari, con un incremento del 5,8% rispetto al 2005. Di tale incremento, solo 1.700 ha/anno sono dovuti a imboschimento, il resto è il risultato dell’espansione naturale del bosco, conseguente al progressivo abbandono delle attività agro-silvo-pastorali.

Le foreste italiane restano al sesto posto nella classifica dei paesi europei (escludendo la Russia) con la maggiore estensione forestale e ricoprono il 5% della superficie forestale totale europea e il 34% della superficie totale nazionale.

All’aumento della superficie forestale, dice la ricerca, non ha fatto seguito un incremento degli investimenti sul territorio. L’incremento complessivo di massa legnosa prodotta dai boschi italiani è stimato in poco meno di 30 milioni di metri cubi all’anno. L’utilizzo annuale della biomassa prodotta dai boschi italiani, per fini energetici o industriali, è stimata in misura non superiore al 30% (pari a circa 7,7 milioni di metri cubi) contro una media europea che utilizza, invece, circa il 60% di quanto ogni anno i boschi riescono a crescere. Tuttavia, anche considerando le quantità che per varie ragioni non vengono contabilizzate (legna utilizzata dai proprietari privati per autoconsumo, assenza di obbligo di comunicazione per tagli inferiori a determinate dimensioni, legna assegnata alle popolazioni locali in base agli usi civici) difficilmente si raggiungerebbe un prelievo superiore ai 10 milioni di metri cubi annui, rispetto ai 30 milioni annualmente disponibili.

 

Le ragioni sono da ricercare negli elevati costi di gestione, legati sia a limiti orografici sia alle ridotte dimensioni delle proprietà forestali private che occupano il 67% della superficie forestale nazionale e che in media risultano inferiori a 3 ha, con tagliate spesso inferiori a un ettaro. Per contro, le proprietà pubbliche sono più ampie e meglio gestite, con una dimensione media delle tagliate di poco inferiore a 3 ettari.

In questo contesto l’industria italiana dei prodotti legnosi importa oltre l’80% delle materie prime dall’estero (per legno e derivati nel 2013 sono stati spesi oltre 10 miliardi di euro). Nel 2014 le importazioni di legname grezzo hanno fatto registrare un generalizzato aumento nei diversi assortimenti.

Di particolare rilievo è l’aumento del 18,6% delle importazioni di legna da ardere. Tale dato, in assenza di statistiche ufficiali, fa supporre che la quantità di biomassa legnosa prelevata a livello nazionale sia sempre meno in grado di soddisfare la crescente domanda interna, tanto che l’Italia è il primo importatore mondiale di legna da ardere e derivati.

A conferma del momento di difficoltà del sistema legno-arredo-edilizia, anche nel 2014 il fatturato alla produzione del macrosettore legno-arredo registra una contrazione pari al 2,7%. Si tratta tuttavia di una contrazione più contenuta rispetto a quanto osservato negli ultimi anni, soprattutto grazie all’aumento delle esportazioni (+2,9%), costituite in buona parte dall’arredamento.

 

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