Piero Ghiglione, la vita è tutta un’avventura

Ingegnere, si avvicina alla montagna a trent'anni e diventa una figura leggendaria dell'alpinismo

Piero Ghiglione, figura leggendaria dell’alpinismo, considerato un padre dello sci in Italia, il suo nome è legato al Trofeo Mezzalama, protagoniste di scalate ed avventure in tutto il mondo. Si avvicinò alla montagna a trent’anni, dal Kazbek nel Caucaso la sua vita è stata tutta un’avventura…

La vita

Nacque a Borgomanero (Novara) il 5 aprile 1883 da Angelo e Costanza Pagliani. Laureatosi in ingegneria a Torino, si avvicinò presto alla montagna praticando lo sci e lo scialpinismo, di cui può essere considerato uno dei fondatori insieme con A. Rivera e O. Mezzalama.

Trasferitosi, per ragioni di lavoro, prima in Svizzera poi in Germania, si specializzò nel pattinaggio su ghiaccio e nello sci, pubblicando diversi articoli al riguardo sulla Rivista mensile del Club alpino italiano.

L’alpinismo

Poi la passione per l’alpinismo. Era il 1913. Ghiglione prese parte a una spedizione nel Caucaso, raggiungendo con van der Plüg e P.G. Lutschkov la vetta del Kazbek. Da quel momento, alla fine della I Guerra mondiale, abbandonata la professione di ingegnere, si dedicò a tempo pieno all’alpinismo.

Nel 1926, nel gruppo del Gran Paradiso scalò la parete nord della Roccia Azzurra insieme con E. Barisone, U. Balestreri e G. Brosio; nel 1930, con R. Chabod, G. Boccalatte e M. Antoldi, compì la prima del Couloir du Diable al Mont Blanc du Tacul.

Spedizioni extraeuropee

Poi nel 1934 la spedizione Dhyrenfurt. Scalò il Balthoto Kangri (m 7260) e la cima mediana del Sia Kangri (m 7315), raggiungendo la quota allora mai toccata dei 7000 metri con gli sci.

Nello stesso anno era sulle Ande con la spedizione del Club alpino italiano, risalendo il Chimborazo; nel 1937 fu in Kenia (Kilimangiaro, Mawenzi, Kenia); l’anno seguente dapprima fu in Africa (Ruwenzori, Mont au sources, Table Montain), poi effettuò un giro del mondo, scalando le cime che maggiormente lo attraevano in Giappone, nel Borneo, a Sumatra, a Giava, a Taiwan, in Australia e in Nuova Zelanda, alle isole Hawaii, in California, Arizona e Colorado.

Nel 1939 compì ascensioni in Ecuador, in Bolivia e nelle Ande cilene (Cerro Altar, Chimborazo, Illimani, Sajania, Tronador); nel 1942 si recò in Albania compiendo diverse prime ascensioni su montagne praticamente inesplorate.

Sul Bianco

Negli intervalli tra una spedizione e l’altra in varie parti del globo si allenava sul Bianco avendo come compagni di cordata G. Gervasutti, G. Boccalatte, R. Chabod e F. Ravelli.

Con loro aprì alcune nuove vie tra cui, nel 1947, la parete ovest sul ghiacciaio del Bianco; nel 1948, la parete sudovest del Pic de la Brenva, la parete est del Maudit e la direttissima da sud delle Grandes Jorasses; nel 1951, la cresta est dell’Aiguille de l’Aigle e la parete sudovest dell’Aiguille de Savoye; nel 1956 affrontò pure il Tour des Jorasses e l’Aiguille Marbrée.

Ancora per il mondo

Contemporaneamente, nel 1949, scalò il Ruwenzori con due prime; nel 1950 compì tre nuove ascensioni nell’Hoggar, quindi effettuò varie spedizioni nelle Ande peruviane; l’anno dopo scalò alcune delle cime più importanti del Messico e nel 1952 fu di nuovo sulle Ande, le montagne che, in assoluto, più lo affascinarono (Solimana punta nord per il versante nord, Corocuna punta nord e mediana, Ausangate, punta Lomellini). Vi ritornò nel 1953 scalando il Lasontay, l’Humantay, il Coylloriti, l’Huacratanca, l’Halancoma.

L’anno seguente, nell’Himalaya, nell’affrontare l’Api persero la vita tre componenti della sua spedizione. Superato un periodo di depressione, nel 1955 scalò nuove cime nella Cordillera del Vilcanota. Nel ’56 tornò sul Ruwenzori per una nuova via e nel biennio successivo penetrò nelle Ande colombiane, per poi dirigersi nella zona dell’Everest (Cima Borgomanero, Ama Dablam, Pumori). Nel 1959 fu ancora sulle Alpi peruviane con tre ascensioni, per poi aprire una nuova via sul Ruwenzori e partecipare, con l’allora giovanissimo C. Mauri, a una spedizione in Groenlandia.

Morì in un incidente stradale presso Lavis (Trento) il 10 ottobre 1960.

Giornali e libri

Collaborò con periodici e quotidiani di più ampia divulgazione come Epoca e il Corriere della sera. Scrisse quattordici libri, tra cui: Dalle Ande all’Himalaya (Torino 1936); Montagne d’Albania (Tirana 1941); Le mie scalate nei cinque continenti (Milano 1942); Himalaya (Novara 1946); A zonzo per il mondo (Torino 1951), Nelle Ande del Sud Perù (Milano 1953), Dall’Artico all’Antartico (ibid. 1959).

Fu un eccellente conferenziere.

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