Quel 24 luglio 1938 sulla parete nord dell’Eiger

Cordata austro-tedesca sale sino in vetta, composta dai tedeschi Andreas Heckmair e Ludwig Vörg, e dagli austriaci Fritz Kasparek e Heinrich Harrer. Sino ad allora quella parete strapiombante fu uno dei grandi problemi delle Alpi

La parete nord dell’Eiger. Uno dei grandi problemi dell’alpinismo. Una parete infinita di roccia e ghiaccio soggetta a maltempo improvvisi, scariche di neve, ghiaccio e pietre. Indimenticabile l’odissea di Tony Kurz e dei suoi compagni. Due anni dopo si salì in cima…

I tentativi del 1938

Nel 1938, infatti, diversi alpinisti pianificarono un tentativo alla nord dell’Eiger. Vi fu anche un tentativo italiano, da parte degli alpinisti di Valdagno Bortolo Sandri e Mario Menti; partiti il 21 giugno, i due morirono cadendo in prossimità della “fessura difficile”, nella parte bassa della parete.
Un ulteriore tentativo era in programma da parte degli alpinisti lecchesi del gruppo di Riccardo Cassin. Gli italiani furono però preceduti da una cordata mista austro-tedesca, composta dai tedeschi Andreas Heckmair e Ludwig Vörg, e dagli austriaci Fritz Kasparek e Heinrich Harrer.

La parete veniva considerata talmente pericolosa che un comunicato del Comitato Centrale del Club Alpino Svizzero riferiva che le guide non dovevano sentirsi obbligate ad andare in soccorso di chi si fosse trovato in condizioni critiche sulla parete.

Le cordate

I quattro alpinisti erano partiti come due cordate separate. Il 20 luglio Heckmair e Vörg erano saliti alla cosiddetta “grotta del bivacco”, nella parte bassa della parete, dove il 21 mattina furono raggiunti prima da Kasparek e Harrer, poi da una seconda cordata, composta dai viennesi Freissl e Brankowski. Temendo un peggioramento del tempo, Heckmair e Vörg decisero di scendere, mentre gli altri quattro procedettero insieme per un tratto.

Poco più avanti però Fraissl fu colpito alla testa da una pietra, ed i due viennesi decisero di scendere. Kasparek e Harrer proseguirono fino al “secondo nevaio”, dove si fermarono e bivaccarono, ritenendo il nevaio troppo pericoloso da attraversare a quell’ora.

parete nord eiger

Il mattino dopo (22 luglio) iniziarono la traversata del nevaio, ma poco sotto il “bivacco della morte” furono raggiunti da Heckmair e Vörg, ripartiti quella mattina dalla base della parete.

In salita

Questi ultimi potevano contare sugli allora nuovissimi ramponi a 12 punte, mentre Kasparek aveva dei ramponi classici a 10 punte (senza punte frontali), e Harrer aveva solo degli scarponi chiodati, senza ramponi.

I due gruppi proseguirono di conserva, pur rimanendo due cordate separate, con i tedeschi in testa. Giunti alla “rampa”, i due gruppi si alternarono alla guida, e si fermarono a bivaccare a metà della “rampa”.

Le due cordate insieme

Il giorno successivo, 23 luglio, vide le due cordate unirsi in una, con i tedeschi davanti, guidati da Heckmair, e gli austriaci dietro, con Harrer a chiudere la cordata e recuperare il materiale.

Durante la giornata il tempo peggiorò, e gli alpinisti furono investiti da una tempesta che durò per il resto del giorno.

Superata la “traversata degli dèi”, i quattro raggiunsero il nevaio detto “ragno bianco”; mentre lo risalivano, furono investiti da una valanga: riuscirono a non cadere, ma Kasparek fu ferito ad una mano. I quattro superarono il “ragno” e risalirono ancora per un po’, fermandosi a bivaccare nella sezione rocciosa sovrastante il “ragno”.

La mattina del 24 luglio le condizioni del tempo erano ancora avverse. Di nuovo legati in una cordata unica, i quattro ripartirono, sempre con Heckmair alla testa, seguito da Vörg, quindi da Harrer che poteva così aiutare l’infortunato Kasparek.

Heckmair riuscì a superare le difficoltà maggiori della parete, nonostante una caduta in seguito alla quale Vörg, che aveva tentato di trattenerlo, si ritrovò con una mano trapassata da una punta dei ramponi di Heckmair.

 

leggi anche La morte sull’Eiger e l’infinita odissea di Tony Kurz

 

In vetta alle 15:30 del 24 luglio

Seguendo le orme del capocordata, ed aiutandosi con la corda, gli alpinisti giunsero infine al pendio nevoso sommitale, e raggiunsero la vetta alle 15.30 del 24 luglio, sempre sferzati dalla tempesta.

La discesa

In discesa il gruppo fu guidato da Harrer, che conosceva meglio la via normale avendola già percorsa alcune settimane prima; a causa della scarsa visibilità, però, sbagliò percorso più volte, e gli alpinisti dovettero anche risalire per un centinaio di metri per ritrovare la via corretta. I quattro raggiunsero la Kleine Scheidegg in serata.

La propaganda

L’evento fu molto amplificato dalla propaganda della Germania nazista, con i quattro alpinisti che vennero ricevuti da Adolf Hitler in un incontro ampiamente coperto dai media dell’epoca.

fonte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio