Emergono nuovi particolari sull’indagine che ha portato ad emettere 12 avvisi di garanzia in Abruzzo. Si tratta di persone di Guidonia, Pescasseroli e Bisegna. Accusati di uccidere gli animali con le armi nascoste tra le rocce e di macellarli sul posto. Dovranno rispondere di associazione a delinquere finalizzata al bracconaggio, uso di armi clandestine e ricettazione
Emergono nuovi particolari sull’indagine condotta nel Parco nazionale d’Abruzzo che ha portato ad emettere 12 avvisi di garanzia nei confronti di una banda, stando alle accuse, dedita al bracconaggio. I dodici nascondevano, come detto ieri in altro articolo, le armi in montagna, tra le rocce e macellavano gli animali sul posto. Dovranno rispondere di associazione a delinquere finalizzata al bracconaggio, uso di armi clandestine e ricettazione. Chi sono? Si tratta di due persone di Guidonia, sei di Pescasseroli e quattro di Bisegna, tra cui una donna.
Le indagini, condotte dal Corpo Forestale di Avezzano, dalla stazione di Gioia dei Marsi e dal Cta di Pescasseroli, sono partite lo scorso anno quando i forestali arrestarono nel Parco d’Abruzzo due persone armate, mentre una terza riuscì a dileguarsi. La Forestale è riuscita a ricostruire le attività della banda di bracconieri il cui scopo era quello di vendere la carne degli animali uccisi a ristoranti e privati della Marsica.