Cassin e i Ragni nella storia: aprono la sud del McKinley

Per raggiungere la cima della montagna più alta dell'Alaska (6.194 mt) dal lato sud esisteva un’inviolata parete di 3200 metri, ricoperta di neve e ghiaccio. In queste ore Cassin (52enne) e 5 Ragni di Lecco erano alle prese con la parete. Anche il presidente Usa John Fitzgerald Kennedy si congratulò con Cassin per l'impresa. Cassin fu anche travolto da una valanga

È la montagna più alta del nord America e si eleva a 6194 metri di altezza. Fa parte della grande catena dell’Alaska, un arco montuoso di 960 km che si estende attraverso la parte sud-orientale dello stato. Fa parte delle Seven Summits.

Il McKinley ha un’ascesa più larga e graduale di quella dell’Everest. Infatti il Monte Everest, benché molto più alto in termini assoluti (8840 m sopra il livello del mare), si eleva al di sopra dell’altopiano tibetano, posto a circa 5200 m, sicché il dislivello tra la base e la vetta della montagna risulta pari a circa 3600 m. La base del McKinley al contrario poggia su un altopiano elevato in media 700 m, conferendo alla montagna un dislivello effettivo di 5400 m.Tale caratteristica non deve però essere confusa con la prominenza topografica: la prominenza del Mc Kinley è pari a 6138 m (quasi quanto la sua altezza), calcolata tra la vetta della montagna e l’istmo di Panama (56 m). In base a questo criterio, la montagna è la terza vetta più prominente del pianeta, superata dall’Everest e dall’Aconcagua.

Il monte veniva chiamato dai nativi Denali, “La grande montagna“. Questo è il nome riconosciuto ufficialmente dallo stato dell’Alaska. Fu poi in seguito ribattezzata dai colonizzatori come Mount McKinley nel 1896, in onore del presidente statunitense William McKinley. Poi Obama è tornato al passato…

La parete sud

Per raggiungere la cima dal lato sud, esisteva un’ultima inviolata parete di 3200 metri, ricoperta di neve e ghiaccio. Il primo conquistatore del McKinley è il reverendo Stuk che con tre amici nel 1911 dalla cresta occidentale scala la montagna per una semplice scommessa. L’autore di una fondamentale carta topografica della regione è il Dottor Bradford Washburn, appassionato alpinista e profondo conoscitore del Mc Kinley che tra l’altro scrive: “Sulle cime del McKinley regna un clima medio da considerarsi il più rigido al mondo”.

Quella del ’61 è una pietra miliare della storia dei Ragni di Lecco, la consacrazione a livello mondiale. Riccardo è lanciato nel 1956 da Brad ford Washburn, direttore del Museo della scienza di Boston, fotografo, grande alpinista e cartografo.

Riccardo Cassin, cinque anni dopo, non è più giovanissimo, ma raccoglie intorno a sé cinque Ragni molto, molto giovani, e di tempra eccezionale. Luigino Airoldi, Gigi Alippi, Jack Canali, Romano Perego, Annibale Zucchi.

Il 19 Luglio 1961 tutti e sei raggiungono, dopo 17 ore filate di scalata, la cima, alle 23. Non c’è buio, sono praticamente al polo. Ma il freddo è degno di un’invernale all’Himalaya, quelle che riusciranno ai polacchi da metà degli anni ’70 in poi. La discesa, infatti, è epica, Jack Canali arriva allo sfinimento e Alippi gli regala i suoi scarponi (di cuoio, che col feddo diventavano trappole), continuando al discesa su ghiaccio e neve con quattro paia di calze. Una valanga travolge Cassin, Perego cade ma si salva per l’atterraggio su un cumulo di neve soffice, poi la corsa all’ospedale, per i congelamenti, e infine il successo mediatico…

John Fitzgerald Kennedy invia un telegramma a Riccardo Cassin, congratulandosi per la salita sua e del suo team della Sud del Mc Kinley.

La spedizione

Per gli spostamenti e il trasporto dei materiali al campo base ci si affidò ad un pilota valoroso: l’americano Don Sheldon. Ma sarà proprio lui a creare il primo problema. Al momento della partenza il pilota sbaglia il luogo dell’atterraggio, portando la spedizione su un ghiacciaio distante da quello scelto per l’allestimento del campo base. Nessuno se ne accorge, se non quando Sheldon è già ripartito. Scesi a valle a piedi gli alpinisti rimandano il pilota a raccogliere i materiali ma nel frattempo il tempo volge al brutto e in totale, per l’equivoco, viene persa più di una settimana.

Quando poi il tempo ritorna al bello c’è troppa neve molle per tentare ancora l’atterraggio e la gran parte del materiale si deve portare al campo base “giusto” a piedi, perdendo così ancora giorni su giorni.

Ma finalmente si è al campo con tutto l’occorrente. Le manovre per allestire tutto quanto sono lunghe e proprio alla fine inizia a nevicare. E andrà avanti per 4 giorni, costringendo tutta la spedizione all’immobilità.

Intanto Cassin continua a scrutare l’imponente parete sud. Per carpirne ogni piccolo segreto, per vedere se esiste via migliore di quella tracciata con le carte o con le ricognizioni.

Finalmente il 6 luglio la battaglia ha inizio. Si attacca il canalone e lo si attrezza con le corde fisse. Ma inizia a nevicare di nuovo, e si è costretti a scendere e a rimandare al giorno dopo.

Giornata successiva che si presenta come la precedente. Bella ma con nuvole minacciose all’orizzonte che porteranno la neve entro il pomeriggio. Nonostante ciò viene superato il punto precedente e si sale anche in mezzo alla nebbia e alla bufera.

Fino a che la parete regala il primo vero problema. Un canale ripidissimo sormontato da un diedro che sembra impossibile da superare. Ma si deve passare da li, e l’imperativo è riuscire a trovarne la chiave.

Ancora un giorno di tentativi, l’indomani, non porta però a nulla. Cassin decide così di dividere gli uomini in squadre che tenteranno a turno di aprire la via, risparmiando così energie per il tratto successivo.

E il mattino del 9 luglio, grazie a Canali, Alippi e Airoldi, l’ostacolo è finalmente superato. I tre hanno trovato il modo di aggirarlo, scendendo in un canale e risalendo poi alcuni colatoi fino a trovarsi in cima.

Dal Diario di Cassin Ghiglione per primo ha pensato ad una spedizione in Alaska e in seguito Carlo Mauri mi ha proposto di parteciparvi. Purtroppo durante l’organizzazione e i preparativi, Bigio ha subito un brutto incidente sciistico che lo ha costretto ad una lunga convalescenza, precrudendogli ogni possibilità di partecipare alla spedizione. Il lavoro deve ugualmente procedere e appena spedito tutto il materiale occorrente, precedo i miei compagni per ragioni organizzative e parto solo con Romano Perego da Malpensa il giorno 5 giugno 1961 per raggiungere Boston.
Siamo ospiti del dottor Washburn, direttore del Museo delle Scienze di Boston e profondo conoscitore del Mount Mc Kinley. Ci mostra la sua prezio­sa raccolta di fotografie del Mc Kinley e le car­te topografiche e suggerendoci di percorrere l’inviolata Parete Sud, ci fornisce spiegazioni e delu­cidazioni accurate che mi danno subito un’idea chiara delle difficoltà della parete. L’11 giugno conosco Don Sheldon, il valoroso pilota che con il suo piccolo aeroplano ci porterà sino alle immediate vicinanze della zona di attacco sul ghiacciaio Kahiltna Est e Bob Goodwin, un noto alpinista nord­americano che si unirà al nostro gruppo.
La preparazione del campo-base è finalmente nella fase più attiva: vengono sistemati i viveri, l’equipaggiamento, il materiale alpinistico, le tende e il combustibile. Ognuno di noi si pro­diga con spirito di sacrificio e grande entusiasmo. Nasce così, quasi per miracoloso contrasto a questa natura così gelida e selvaggia, un pic­colo «mondo abitato». Il McKinley ci sovra­sta con la sua imponente parete Sud, dove i miei occhi si posano spesso per scrutarne e carpirne ogni piccolo segreto.

fonte: ragnilecco.com

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