Kilian Jornet tenta la traversata Everest-Lhotse

L'ultrarunner spagnolo vuol lasciare il segno sull'Everest e questa primavera tenterà lì dove mai nessuno è riuscito. Ma non è il solo: anche l'americano Colin O'Brady vuol tentare ed è già al campo base

Kilian Jornet tenta la traversata Everest-Lhotse. Lo spagnolo ha già in tasca i permessi di scalata e sarà al cb dell’Everest nel prossimo mese di maggio. Sarà la sua quarta spedizione sull’Everest, che ha completato due volte, in una settimana, nel 2017.

La situazione sull’Everest

Ricordiamo che al 18 aprile il Governo nepalese ha rilasciato 366 permessi di salita per l’Everest, siamo sulle cifre dell’affollato 2019. Questa è la cifra degli stranieri, sommando sherpa, guide, personale al cb, si arriva a un migliaio. Ed è notizia di pochi giorni fa del primo caso di Covid-19 al cb dell’Everest.
Dal versante tibetano, quindi cinese, ci sarà solo una spedizione nazionale di circa 40 membri. Poi le porte restano chiuse.

 

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La sfida di Jornet

Ma torniamo a Jornet. La traversata è una delle belle sfide ancora da realizzare, si tratta di scalare l’Everest attraverso la cresta occidentale, scendere al Colle Sud (C4 dell’Everest, circa 8.000 metri), attaccare direttamente da lì il Lhotse e terminare in discesa lungo la via normale del Lhotse.

Non è il solo…

Jornet non è il solo a tentare questa sfida. Un altro alpinista ha annunciato la stessa sfida in questa primavera. Entrambi senza ossigeno supplementare. Si tratta dell’americano Colin O’Brady, che è già da qualche giorno al campo base dell’Everest. Insieme alla moglie.

O’Brady Ho scalato l’Everest dal Nepal nel 2016 usando ossigeno supplementare durante il mio progetto di record mondiale Explorers Grand Slam e Seven Summits. Sono sempre stato curioso di tornare e mettermi alla prova senza usare ossigeno supplementare. Solo il 2% circa dei vertici riusciti è stato raggiunto senza O2. Juan Pablo Mohr (JP), il mio caro amico che ha recentemente perso la vita sul K2, mi ha incoraggiato a provare questa traversata senza O2. Ho passato molte lunghe giornate a pensare alla tragedia del K2 quest’inverno. Sento che il modo migliore per onorare i miei cinque amici caduti è portare le loro bandiere e i loro ricordi in cima a queste vette.
JP, Ali, Atanas, John, Sergi: questa salita è dedicata a voi e so che i tuoi spiriti leggendari saranno con me ad ogni passo del cammino.

 

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Jornet e l’Everest

Jornet ha un rapporto particolare con l’Everest. Vuol lasciare il segno sulla montagna più alta del mondo. La sua prima esperienza sull’Everest è stata nell’estate del 2016 sul versante nord e nell’ambito del progetto Summits of my Life. Le cattive condizioni della montagna e il tempo sfavorevole lo hanno costretto ad abbandonare prima di lanciare un serio tentativo di vetta, anche se ha raggiunto gli 8.000 metri durante l’acclimatazione.

Poi è tornato sulla parete nord dell’Everest nella primavera del 2017 e ha realizzato il suo sogno con una doppia ascesa sul tetto del mondo in meno di una settimana. Lo ha fatto per la prima volta il 22 maggio, in 26 ore dal monastero di Rongbuk (5.100 m); e poi lo ha ripetuto il 27 maggio, in 17 ore dal CBA (6.500 m).

La sua più recente spedizione sull’Everest risale all’autunno del 2019, sul versante sud. Ha provato una nuova linea sulla parete sud-ovest. Ha rinunciato a circa 8.300 mt a causa del forte vento.

Impresa mai riuscita

In tanti si sono cimentati nella traversata. Tra costoro anche Denis Urubko-Simone Moro, Moro e Boukreev, Tenji Sherpa-John Griffith. Ed anche Sergi Mingote e Juan Pablo Mohr nel 2019.

La traversata pura comporta una sola spinta da vetta a vetta seguendo la cresta sommitale e non scendendo oltre il Colle Sud.

Tra coloro che hanno tentato annoveriamo anche Peter Hamor e Horia Colibasanu. E, col suo progetto, anche Ueli Steck. Morto sul Nuptse.

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