Il vulcano Okmok in Alaska “sconfisse” la Repubblica Romana

Secondo la ricerca l'eruzione di 2000 anni fa favorì anche il crollo del Regno d'Egitto

Il vulcano Okmok in Alaska sconfisse la Repubblica Romana? Fu una megaeruzione vulcanica che ne determinò la fine? Una ricerca dice che è andata proprio così.

Una gigantesca eruzione vulcanica avvenuta poco più di 2000 anni fa ha favorito il crollo del Regno tolemaico d’Egitto (conclusosi con Cleopatra) e quello della Repubblica Romana, avvenuto poco dopo la morte di Giulio Cesare, gettando le basi per la nascita dell’Impero Romano.

Il vulcano Okmok

Parliamo del grande vulcano Okmok, sito nella porzione nordorientale dell’isola di Umnak, facente parte dell’arcipelago delle Aleutine (Alaska).

Ipotesi degli storici

Gli storici ipotizzavano da tempo che dietro le carestie, l’ondata di gelo e la diffusione di malattie documentate durante quel periodo di grandi sconvolgimenti politici potesse esserci una devastante eruzione vulcanica, tuttavia non vi erano le “prove”.

Lo studio

A scovarle è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Ice Core Laboratory del Desert Research Institute (DRI) e dell’Università di Berna, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell’Università della Regina di Belfast, dell’Università di Sant’Andrea, dell’Università di Oxford, dell’istituto tedesco Alfred-Wegener Helmholtz-Zentrum für Polar – und Meeresforschung e di altri centri di ricerca.

Tutto ha avuto inizio per puro caso, quando i due scienziati Joseph R. McConnell e Michael Sigl – rispettivamente del DRI e del Centro di ricerca sui cambiamenti climatici “Oeschger” dell’ateneo svizzero – si sono imbattuti in uno strato di cenere vulcanica (tephra) ben conservata in una carota di ghiaccio, recuperata durante una spedizione in Groenlandia.

Indagine dei ricercatori

I ricercatori hanno deciso di indagare a fondo per vedere se tale strato fosse presente in più luoghi, e così assieme a diversi colleghi hanno iniziato ad analizzare carote di ghiaccio prelevate in Russia, Groenlandia, Germania, Danimarca e altri Paesi (alcune erano già conservate nei laboratori). Incrociando i dati hanno identificato che le ceneri (in particolare particelle di solfato) erano legate a due importanti eruzioni; una avvenuta nel 45 avanti Cristo, di breve durata ma potente, e una più duratura e diffusa verificatasi nel 43 avanti Cristo. Le analisi del materiale raccolto hanno fatto individuare la fonte della cenere vulcanica, il gigantesco vulcano Okmok nelle isole Aleutine.

L’eruzione

L’esplosione più incisiva del 43 aC si verificò tra gennaio e febbraio e determinò la formazione di un cratere di ben 10 chilometri, che ha riversato nell’atmosfera un quantitativo enorme di fumi e ceneri. Giunte fino alla bassa stratosfera artica, le particelle sono state in grado di offuscare la luce solare e distribuirsi rapidamente in larga parte dell’emisfero settentrionale.

Gli effetti, secondo McConnell e Sigl, furono catastrofici, determinando uno dei bienni più freddi degli ultimi 2.500 anni. A causa del blocco dei raggi solari, infatti, in Europa le temperature furono fino a 7° C più basse delle medie stagionali, mentre le precipitazioni in estate furono fino al 120 percento e in autunno fino al 400 percento superiori su tutta l’Europa del Sud.

 

L’archeologo Andrew Wilson dell’Università di Oxford

Nell’area del Mediterraneo, queste condizioni umide ed estremamente fredde durante le cruciali stagioni primaverili e autunnali per l’agricoltura hanno probabilmente ridotto i raccolti e aggravato i problemi di approvvigionamento durante i continui sconvolgimenti politici del periodo.
Questi risultati conferiscono credibilità a segnalazioni di gelo, carestie, carenza di cibo e malattie descritte da fonti storiche.

 

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E in Egitto?

Impatto anche in Egitto. L’eruzione avrebbe avuto un impatto significativo anche sui cicli di inondazioni del Nilo, che avrebbero lasciato al secco i terreni agricoli provocando una grave carestia.

La pubblicazione

I dettagli dell’affascinante ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.

 

foto: scienze.fanpage.it

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